COMPOSIZIONE NEGOZIATA: SE L’ESPERTO HA ACCETTATO L’INCARICO E HA INIZIALMENTE RITENUTO CONCRETE LE PROSPETTIVE DI RISANAMENTO, L’IMPRENDITORE PUÒ CONDURRE UNA TRATTATIVA DIRETTA ED ESCLUSIVA CON I CREDITORI?
Il Tribunale di Milano ha recentemente rigettato una richiesta di proroga delle misure protettive in precedenza confermate a favore un’impresa nell’ambito di una procedura di composizione negoziata della crisi, con un provvedimento molto ben argomentato che contribuisce a chiarire quale debba essere il comportamento del debitore durante la composizione e quale sia il ruolo dell’esperto incaricato.
Con ordinanza del 14 maggio 2022, il Tribunale di Milano, all’esito dell’udienza per la proroga eventuale delle misure protettive del patrimonio aziendale in precedenza richieste da un’impresa ai sensi degli artt. 6 e 7 del nuovo D.L. 118/2021 (convertito in Legge 147/2021) e confermate dal Tribunale per il termine massimo di 120 giorni, ha rigettato l’istanza di proroga per varie ragioni, riguardanti principalmente la non corretta modalità di svolgimento delle trattative con i creditori da parte dell’imprenditore e l’emersione di criticità tali da escludere la strumentalità delle misure al buon esito delle trattative e di gravi carenze nel corredo informativo offerto dal debitore a supporto dell’istanza di proroga.
L’ordinanza è di particolare interesse perché, nell’articolato percorso argomentativo, il Tribunale di Milano fornisce utili indicazioni sui doveri delle parti (e dell’imprenditore, in particolare) nel corso delle trattative e sull’essenzialità del ruolo dell’esperto nell’ambito del percorso avviato, precisando in che misura una corretta conduzione delle negoziazioni ed una adeguata informativa a beneficio dell’esperto impattino sulla concessione o meno della proroga delle misure protettive inizialmente confermate e più in generale sulla effettiva percorribilità del risanamento prefigurato in principio dal debitore.
È utile ricordare, preliminarmente, che, ai sensi dell’art. 4 del Decreto n. 118 convertito in Legge n. 147 (art. 16 del Codice della Crisi vigente dal 15 luglio 2022), apertasi una procedura di composizione negoziata della crisi, “Durante le trattative le parti si comportano secondo buona fede e correttezza” e “L’imprenditore ha il dovere di rappresentare la propria situazione all’esperto, ai creditori e agli altri soggetti interessati in modo completo e trasparente e di gestire il patrimonio e l’impresa senza pregiudicare ingiustamente gli interessi dei creditori”. Va per inciso ricordato che, nello stesso articolo, secondo la formulazione che dovrebbe essere stata adottata nel recente decreto legislativo recante le modifiche al Codice della Crisi che entrerà in vigore il 15 luglio 2022 (decreto approvato dal Consiglio dei Ministri il 15 giugno 2022 [NOTA 1]), si prevedrà anche che l’esperto, nell’espletamento dell’incarico, “verifica la coerenza complessiva delle informazioni fornite dall’imprenditore chiedendo al medesimo e ai creditori tutte le ulteriori informazioni utili o necessarie”.
Ai fini che interessano, va anche ricordato, quanto ai doveri specifici dell’esperto, che quest’ultimo, comunicata la accettazione dell’incarico, assunte informazioni dall’organo di controllo e dal revisore legale e sentito l’imprenditore, ai sensi dell’art. 5 del Decreto n. 118 convertito in Legge n. 147 (art. 17 del Codice della Crisi vigente dal 15 luglio 2022), deve “valutare l’esistenza di una concreta prospettiva di risanamento” e, se ravvisa che non vi sia, “anche in un momento successivo” (è una verifica che, quindi, deve effettuare sia all’inizio sia nel corso nella composizione), “ne dà notizia all’imprenditore e al segretario della camera di commercio che dispone l’archiviazione” della composizione negoziata.
Nella fattispecie sottoposta all’attenzione del Tribunale di Milano, l’istante aveva ottenuto la conferma delle misure protettive poiché, sulla base di quanto inizialmente rappresentato, era stata ritenuta sussistente (anche dall’esperto) “una effettiva, concreta e ragionevole perseguibilità del risanamento” ed era stata “ravvisata la strumentalità delle misure protettive alla buona riuscita delle trattative con i creditori”.
Successivamente, l’imprenditore aveva chiesto la proroga delle misure protettive in essere, rappresentando, in estrema sintesi, che stava “mettendo a punto” il piano di risanamento, “programmando” un’operazione di affitto d’azienda e “sondando la possibilità di addivenire ad uno stralcio delle posizioni debitorie con la proposta di un pagamento parziale dei propri creditori”. Segnalava addirittura di avere “proposto una definizione” alle banche e di avere “in corso trattative per ottenere un’estensione di decorrenza del piano di ammortamento”.
Rispetto all’istanza, l’esperto e creditori assumevano una posizione fortemente negativa.
Il primo esprimeva un parere non favorevole alla concessione della proroga da parte del Tribunale evidenziando gravi criticità, prima tra le quali la circostanza di essere stato totalmente escluso dalle riferite interlocuzioni tra l’imprenditore e i creditori e di non avere quindi potuto verificare e condividere, o partecipare a, alcuna delle iniziative intraprese autonomamente dall’imprenditore in seguito alla apertura della composizione negoziata. Lamentava anche un flusso informativo gravemente inadeguato da parte dell’imprenditore, che aveva fornito tardivamente pochi e carenti documenti riguardanti il percorso di risanamento programmato, l’operazione straordinaria ipotizzata e le modalità di attuazione degli stralci auspicati. Esprimeva infine un giudizio negativo all’esito dell’analisi di coerenza del piano, concludendo per la sostanziale inutilità della proroga delle misure protettive in essere.
Tutti i creditori manifestavano perplessità e alcuni di essi confermavano il mancato coinvolgimento dell’esperto da parte dell’imprenditore nelle interlocuzioni intercorse e sottolineavano di ritenere dilatorio il comportamento dell’istante e di non ravvedere alcuna prospettiva concreta di buon esito delle trattative.
Ebbene, alla luce del parere dell’esperto e delle costituzioni dei creditori, il Tribunale di Milano alla fine ha rigettato la domanda di proroga delle misure in quanto ha ravvisato una violazione, da parte dell’imprenditore, del suo dovere di buona fede, chiarezza, correttezza e collaborazione verso l’esperto e il ceto creditorio, avendo posto in essere condotte contrarie al corretto perseguimento della composizione negoziata. Ha stigmatizzato inoltre le numerose criticità evidenziate dall’esperto sulla effettiva perseguibilità dell’obiettivo di risanamento dell’impresa. Al di là delle inadeguatezze rilevate, ha anche giudicato tardiva la produzione documentale fornita dall’imprenditore solo dopo la presentazione dell’istanza di proroga delle misure. Si è espresso, infine, a favore della tesi per cui, in sede di proroga (a differenza di quanto accade in sede di conferma delle misure), l’istanza del debitore dovrebbe trovare l’adesione della generalità dei creditori o, comunque, la loro non opposizione, anche per assenso implicito a seguito dell’instaurazione del contraddittorio), cosa che nella fattispecie non era avvenuta (avendo manifestato, ben sei creditori, il proprio fermo dissenso rispetto alla concessione della proroga).
In pratica, nella fattispecie mancava un coerente piano industriale, finanziario e di risanamento, non era stata avviata una vera e propria trattativa tra le parti, non vi era alcunché di concreto nelle riferite interlocuzioni con l’interessato all’affitto dell’azienda e non era stato fornito all’esperto alcun corredo informativo completo, affidabile e aggiornato che consentisse a quest’ultimo di verificare la persistente sussistenza della concreta prospettiva di risanamento dell’impresa.
Il Tribunale di Milano, soffermandosi sulle iniziative del debitore difformi dalle regole che disciplinano il comportamento da tenersi nella procedura di composizione, ha peraltro ricordato chiaramente che questo percorso protetto, diversamente da quanto era accaduto nella fattispecie, non può avvenire al di fuori di qualsiasi controllo terzo e imparziale e soprattutto senza l’opera necessaria di mediazione e facilitazione dell’esperto.
[NOTA 1] Il testo definitivo, al momento della redazione del presente articolo, non è disponibile.
s.rossi@macchi-gangemi.com
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IL PRINCIPIO DI EQUIVALENZA NELLE GARE PUBBLICHE: ONERE DELLA PARTE INTERESSATA PROVARLO E OBBLIGO DELLA STAZIONE APPALTANTE VALUTARLO.
Il Consiglio di Stato, Sez. III, con sentenza del 7 gennaio 2022, n. 65 è tornato di nuovo sul tema del principio di equivalenza e ha chiarito alcuni punti importanti circa i presupposti applicativi e gli effetti vincolanti nei confronti delle stazioni appaltanti.
Il “principio di equivalenza” (di origine comunitaria: ex art. 42 della direttiva 2014/24/UE) è stato recepito dal legislatore nel Codice dei Contratti (D.lgs. n. 50/2016) all’art. 68 comma 1 e comma 4, il quale sancisce che le “caratteristiche previste per lavori, servizi e forniture” sono definite dalla stazione appaltante mediante l’individuazione di “specifiche tecniche” inserite nei documenti di gara (art. 68, comma 1), nel rispetto del canone pro-concorrenziale che garantisca in ogni caso il “pari accesso degli operatori economici alla procedura di aggiudicazione” senza comportare “direttamente o indirettamente ostacoli ingiustificati all’apertura degli appalti pubblici alla concorrenza” (art. 68, comma 4) o generare artificiose o discriminatorie limitazioni nell’accesso al mercato allo scopo di favorire o svantaggiare indebitamente taluni operatori economici”. In altri termini, si stabilisce che la stazione appaltante non può escludere un’offerta, perché non conforme alle specifiche tecniche a cui il bando fa riferimento, se il prodotto offerto non è “aliud pro alio”, poiché il concorrente che voglia presentare un prodotto (o servizio) equivalente a quello richiesto ha il solo limite della “difformità del bene rispetto a quello descritto dalla lex specialis”, configurante ipotesi di “aliud pro alio non rimediabile” (Cons. Stato, sez. V, 25 luglio 2019, n. 5258).
Il principio dell’equivalenza è finalizzato ad evitare un’irragionevole limitazione del confronto competitivo tra gli operatori economici, tanto che la giurisprudenza amministrativa ha più volte ribadito come il medesimo permei l’intera disciplina dell’evidenza pubblica, in quanto la possibilità di ammettere alla comparazione prodotti aventi specifiche tecniche equivalenti a quelle richieste, ai fini della selezione della migliore offerta, risponde, da un lato, ai principi costituzionali di imparzialità e buon andamento e di libertà d’iniziativa economica e, dall’altro, al principio euro-unitario di concorrenza. Tali principi hanno quale corollario il favor partecipationis alle pubbliche gare, che si esplica mediante un legittimo esercizio della discrezionalità tecnica da parte dell’amministrazione appaltante, alla stregua di un criterio di ragionevolezza e proporzionalità. Con il principio di equivalenza è possibile ammettere offerte aventi oggetto sostanzialmente corrispondente a quello richiesto e tuttavia formalmente privo della specifica prescritta (tra le tante: Cons. Stato, sez. IV, 7 giugno 2021, n. 4353).
La sentenza del 7 gennaio 2022, n. 65 del Consiglio di Stato ha chiarito i presupposti applicativi e gli effetti vincolanti nei confronti delle stazioni appaltanti.
In primo luogo, si è ribadito che la lex specialis deve prevedere espressamente l’applicabilità del principio in esame e – una volta stabilita, in via generale, l’equivalenza del prodotto offerto a quello indicato nella legge di gara – all’interessato spetta provare tale equivalenza, mentre è obbligo della stazione appaltante valutare l’effettiva sussistenza della equivalenza addotta dal concorrente offerente. Pur tuttavia si è precisato che – allorché nella documentazione di gara siano richiesti prodotti comunemente presenti sul mercato e di utilizzo comune, ove corredati da una scheda tecnica che ne espliciti in modo chiaro le caratteristiche e le qualità – la commissione di gara può autonomamente valutare se, nonostante la difformità rispetto a quanto richiesto dalla legge di gara, l’articolo offerto possa essere comunque considerato equivalente. In altri termini, secondo il Consiglio di Stato occorre valutare in concreto la tipologia di prodotto previsto in sede di procedura di gara in ragione della sua effettiva complessità.
In secondo luogo, la sentenza ribadisce un ulteriore principio relativo alla valenza che assume la relazione del consulente tecnico nominato dal giudice nel processo amministrativo. In questa prospettiva, si ricorda che le valutazioni espresse dai consulenti nominati non hanno efficacia vincolante per il giudice, che può legittimamente disattenderle attraverso una valutazione critica che sia ancorata, però, alle risultanze processuali e risulti congruamente e logicamente motivata.
Il Consiglio di Stato ribadisce il principio secondo cui il giudice è peritus perotorum, tuttavia, l’organo giudicante che decida di discostarsi dalle risultanze dei tecnici nominati, deve indicare gli elementi di cui si è avvalso per ritenere non condivisibili gli argomenti sui quali il tecnico verificatore (o il consulente) si è basato, ovvero gli elementi probatori, i criteri di valutazione e gli argomenti logico-giuridici che ha utilizzato per addivenire alla decisione contrastante con il parere del detto consulente.
n.digiandomenico@macchi-gangemi.com
CONDANNA RECORD DI UN EX-DIPENDENTE DELLA COCA COLA PER SOTTRAZIONE DI SEGRETI INDUSTRIALI NEGLI STATI UNITI.
In data 9 maggio 2022, un giudice federale di Greeneville, Tennessee, ha condannato una donna del Michigan, nota come Xiarong You, a 168 mesi, l’equivalente di 14 anni, di carcere per sottrazione di segreti commerciali, spionaggio economico e frode. All’imputata è stato inoltre ordinato di scontare tre anni di libertà vigilata e di corrispondere una multa di 200.000 dollari.
Secondo la documentazione in atti al processo, Xiarong You avrebbe sottratto preziosi segreti commerciali relativi a formulazioni per rivestimenti privi di bisfenolo-A (BPA), sostanza generalmente applicata all’interno delle lattine per bevande e contenitori per alimenti al fine di ridurre al minimo le perdite di sapore ed impedire fenomeni corrosivi o reazioni a contatto con i prodotti in essi contenuti. Tuttavia, numerose aziende hanno iniziato la sperimentazione di alternative prive di questa sostanza, a causa dei comprovati rischi per la salute umana.
Il procedimento si è concentrato non solo sulla condotta tenuta dell’ex dipendente, ma anche sulle misure di sicurezza poste in essere, rispettivamente, da Coca-Cola ed Eastman Chemical Company al fine di tutelare i segreti in questione.
In particolare, dal dicembre 2012 all’agosto 2017, Xiarong You ha prestato la propria collaborazione in qualità di Principal Engineer for Global Research presso Coca-Cola, quest’ultima avendo stipulato accordi con numerose aziende aventi per oggetto attività di ricerca e sviluppo, test, analisi e revisione di molteplici tecnologie “BPA-free”.
Potendo vantare una notevole formazione ed esperienza nel settore, Xiarong You era uno dei pochi dipendenti della Coca-Cola ad avere accesso ai segreti commerciali relativi allo sviluppo di prodotti BPA-free appartenenti ad importanti aziende chimiche e di rivestimento, tra cui Akzo-Nobel, BASF, Dow Chemical, PPG, Toyochem e Sherwin Williams.
Successivamente, a cavallo tra il 2017 ed il 2018, Xiarong You ha prestato la propria collaborazione in qualità di Packaging Application Development Manager presso la Eastman Chemical Company a Kingsport, Tennessee, potendo nuovamente avere accesso ai segreti commerciali dell’azienda in questione.
Secondo l’accusa, lo sviluppo dei segreti in parola sarebbe costato alle imprese titolari una cifra pari a circa 120 milioni di dollari e Xiarong You avrebbe sottratto tali informazioni in due modi: caricando i file sul suo account personale presente su Google Drive e fotografando i dati sensibili visualizzati sulla schermata del proprio PC. Le informazioni sottratte sarebbero state, infine, archiviate su un supporto di memoria esterno.
La condanna di Xiarong You non è un caso isolato, in quanto le fattispecie di spionaggio poste in essere da parte di ex dipendenti sono in continuo aumento. Al fine di fronteggiare tali fenomeni, le aziende impegnate nella ricerca e lo sviluppo di ingenti portafogli di segreti commerciali sono chiamate all’implementazione di misure di sicurezza idonee a prevenire fattispecie di illecita sottrazione e divulgazione non autorizzata delle informazioni segrete nella propria titolarità.
Nel caso di specie, Coca-Cola ed Eastman Chemical Company avevano limitato l’accesso alle formule relative ai segreti commerciali per i prodotti BPA-free ad un ristretto numero di dipendenti. Ciononostante, Xiarong You è riuscita ad accedere in maniera indiscriminata a tali informazioni essendo uno tra i pochi soggetti autorizzati ad accedere alle suddette informazioni.
Pertanto, i titolari dovrebbero consentire l’accesso ai propri dati sensibili solamente per mezzo dei dispositivi in dotazione dall’azienda. Inoltre, si ritiene buona prassi quella di impedire, ad esempio, l’installazione di software e/o applicazioni aggiuntive, nonché monitorare l’accesso a determinati indirizzi attraverso l’adozione di specifiche whitelist.
Le aziende sono chiamate, in conclusione, a preservare i propri investimenti attraverso l’implementazione e successiva attuazione di idonee misure di sicurezza e prevenzione volte a salvaguardare, per quanto possibile, i segreti commerciali, le informazioni riservate ed i dati sensibili, congiuntamente alla diffusione di una cultura di impresa che ponga i dipendenti in condizione di approntare celermente efficaci misure di reazione nelle ipotesi di potenziali violazioni di un asset fondamentale per le organizzazioni titolari.
m.baccarelli@macchi-gangemi.com
m.lonero@macchi-gangemi.com
GLI ADEMPIMENTI CONNESSI AGLI IMPIANTI DI VIDEOSORVEGLIANZA.
La progettazione e l’installazione di un impianto di videosorveglianza, in Italia, è spesso effettuata senza rispettare le norme in materia di protezione dei dati personali, esponendo dunque i diversi operatori economici a sanzioni pecuniarie che possono arrivare a diversi milioni di euro.
Le norme più importanti in materia di videosorveglianza sono prescritte dal Regolamento generale sulla protezione dei dati (Regolamento EU 2016/679 o “GDPR”), dal Codice privacy in particolare, D. Lgs 196/2003 come modificato dal D. Lgs 101/2018, ed integrate dalle preziose linee guida fornite dal Garante per la protezione dei dati personali (“Garante privacy”).
Gli adempimenti riguardano, in particolare, l’esposizione di un cartello di informativa che renda chiara e trasparente la presenza, in una data area, di telecamere, unitamente alle informazioni indispensabili previste per legge (tra queste durata della conservazione dei dati, titolare del trattamento e finalità del trattamento).
In aggiunta, per raggiungere un adeguato livello di conformità alle disposizioni di legge, risulta opportuno dotarsi di un apposito regolamento interno, di un impianto conforme ed avere un’idonea base giuridica per installare l’impianto di videosorveglianza.
La realtà, purtroppo, evidenzia spesso l’assenza completa di tali cartelli o la presenza di cartelli non compilati, privando, in concreto, gli interessati del diritto di ricevere le informazioni minime previste dalla norma di legge.
L’importanza della conformità degli impianti di videosorveglianza è testimoniata dall’intervento del Comitato europeo per la protezione dei dati (“EDPB”) che ha emanato apposite linee guida 3/2019 e dalla circostanza che oltre il 15% delle sanzioni privacy riguardano impianti di videosorveglianza.
In conclusione, installare ed operare un sistema di videosorveglianza non conforme espone i diversi operatori economici ad ingenti rischi di natura economica oltre a danni reputazionali derivanti dalla pubblicazione del provvedimento sanzionatorio.
r.demarco@macchi-gangemi.com
f.montanari@macchi-gangemi.com
NOTIFICA DEGLI ATTI IMPOSITIVI. LA MODALITÀ TELEMATICA SI FA STRADA NEL MONDO FISCALE.
Notifiche più semplici, veloci e sicure, con la piattaforma digitale gestita da PagoPa. Il nuovo strumento – istituito dalla Legge di Bilancio 2020 (articolo 1, comma 402 della Legge n. 160 del 2019) e disciplinato dall’articolo 26 del D.L. n. 76 del 2020 – potrà essere utilizzato da tutte le pubbliche amministrazioni, inclusi gli agenti della riscossione e le altre figure preposte all’accertamento e riscossione dei tributi e altre entrate per conto degli enti locali. In sintesi, molto presto la Pubblica Amministrazione potrà inviare con valore legale, atti, provvedimenti, avvisi e comunicazioni a persone fisiche o giuridiche, enti associazioni e altri soggetti pubblici o privati, anche in materia tributaria.
L’utilizzo della modalità telematica, valido anche per gli atti in materia tributaria, in questa prima fase rappresenta però una facoltà e non un obbligo per la pubblica amministrazione.
Lo scorso 21 giugno 2022, infatti, è entrato in vigore il regolamento della piattaforma digitale ma per la piena operatività bisognerà aspettare l’ultimazione dei test e il monitoraggio sul funzionamento, per il quale è previsto un apposito tavolo istituito presso il dipartimento per la Trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio dei ministri, al quale partecipano rappresentanti delle amministrazioni centrali, della Conferenza delle regioni e delle province autonome, dell’Anci dell’Upi e del gestore della piattaforma.
Le modalità di funzionamento sono indicate nel Dpcm n. 58 del 2022 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 130 del 6 giugno 2022 ed in vigore, appunto, dal 21 giugno. L’accesso avverrà, sia per i cittadini che per le pubbliche amministrazioni, tramite Spid o Carta d’identità elettronica. È prevista anche la possibilità di delegare degli incaricati per la gestione per l’acquisizione dei documenti notificati, con esclusione degli atti giudiziari.
In sintesi, PagoPa invia al destinatario tramite Pec un avviso con cui comunica l’esistenza dell’atto, fornendo inoltre le modalità di accesso alla piattaforma e di acquisizione del documento notificato.
La prima notifica avviene presso il domicilio digitale eletto dal destinatario, in seconda battuta presso il domicilio speciale (se esistente). Da ultimo presso il “domicilio digitale generale”, cioè l’indirizzo inserito in uno degli elenchi delle Pec di professionisti, Pa o cittadini previsti dal codice dell’amministrazione digitale.
Il sistema consente al destinatario che accede alla piattaforma di reperire, consultare e acquisire i documenti informatici notificati. Per ciascuna notifica, la piattaforma consente di visualizzare: il mittente, la data e l’ora di messa a disposizione dell’atto sulla piattaforma, l’atto notificato, lo storico del processo di notifica, che include atti opponibili a terzi e avvisi di mancato recapito, e il codice Identificativo Univoco della Notifica (“IUN”). Il destinatario potrà attivare un servizio di messaggistica, che tramite l’appIO consente di ricevere gli avvisi di cortesia inviati dal gestore della piattaforma contenenti le stesse informazioni dell’avviso di avvenuta ricezione.
Nel caso in cui il destinatario non disponga di un domicilio digitale, l’avviso di avvenuta ricezione sarà inviato tramite raccomandata a/r che indica il mittente, lo IUN, le modalità per accedere alla piattaforma e le modalità con cui ottenere una copia cartacea.
Si evidenzia che non possono essere notificati tramite la piattaforma digitale: gli atti del processo civile, penale, gli atti per l’applicazione di misure di prevenzione, gli atti del processo amministrativo, tributario e contabile e i provvedimenti e le comunicazioni ad essi connessi; gli atti della procedura di espropriazione forzata (Dpr n. 602/1973); gli atti dei procedimenti di competenza delle autorità provinciali di pubblica sicurezza relativi a pubbliche manifestazioni, misure di prevenzione personali e patrimoniali, autorizzazioni e altri provvedimenti a contenuto abilitativo, soggiorno, espulsione e allontanamento dal territorio nazionale degli stranieri e dei cittadini dell’Unione europea.
Ebbene, alcuni diranno finalmente, era ora! Basta raccomandate! …. Altri, più affezionati alla carta ed alla tradizione, saluteranno invece con nostalgia l’abbandono alle raccomandate cartacee…. fatto sta che viviamo nell’epoca del progresso tecnologico, e l’auspicio è che le nuove tecnologie facilitino i rapporti, non sempre idilliaci, tra contribuenti ed Amministrazione finanziaria.
DISCLAIMER: Questa newsletter fornisce solo informazioni generali e non costituisce una consulenza legale da parte di Macchi di Cellere Gangemi. L’autore dell’articolo o il vostro contatto in studio sono a Vostra disposizione per qualsiasi ulteriore chiarimento.
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