“ANNO NUOVO, GIUSTIZIA NUOVA”. LA RIFORMA DEL PROCESSO CIVILE È GIÀ ENTRATA PARZIALMENTE IN VIGORE. VEDIAMO COSA È CAMBIATO (E CAMBIERÀ) CON LA LEGGE DI BILANCIO 2023.
Con l’art. 1, comma 380, della legge di bilancio 2023 (l. 29 dicembre 2022, n. 197), è stata disposta l’anticipazione dell’entrata in vigore della riforma sul processo civile, inizialmente prevista per il 30 giugno 2023, mediante una sostanziale modifica della normativa transitoria prevista dall’art. 35 del D.lgs. n.149 del 10.10.2022.
In particolare, la legge di bilancio ha stabilito che le disposizioni del D.lgs. n.149 del 10.10.2022 (ossia la “Riforma”) “salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti”.
La nuova formulazione dell’art. 35 resta, però, criptica, in quanto stabilisce che le disposizioni della Riforma hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio, ma si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data (mentre per quelli pendenti a tale data trovano applicazione le disposizioni anteriormente vigenti).
Si è portati, perciò, a ritenere che saranno soggetti alla nuova normativa solo i processi introdotti dal 1° marzo 2023. Il dubbio che debba darsi applicazione alle nuove norme già a partire dal 28 febbraio 2023, tuttavia, rimane.
Non solo. Oltre ad avere anticipato di quattro mesi l’entrata in vigore della Riforma, il legislatore ha altresì disposto l’entrata in vigore di alcune disposizioni già a partire dal 1° gennaio 2023 e con riferimento anche ai processi già pendenti.
Nello specifico, le norme a cui è stata data immediata applicazione a decorrere dal 1° gennaio u.s., possono essere sostanzialmente suddivise in tre gruppi:
1. quello relativo alle modalità di svolgimento delle udienze (di cui agli artt. 127, terzo comma, 127-bis, 127-ter del c.p.c. e 196 duodecies delle Disp. Att. c.p.c.) e giuramento del CTU (di cui all’art. 193, secondo comma, c.p.c.), che trovano applicazione dinanzi a tutte le giurisdizioni (i.e. Giudice di Pace, Tribunale, Tribunale per i minorenni, Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, Corte di Appello, Corte di Cassazione e Commissario per la liquidazione degli usi civici);
2. quello relativo alla giustizia digitale (di cui ai nuovi articoli inseriti dalla riforma al Capo I del Titolo V-ter alle Disp. Att. c.p.c.) che trova applicazione solo dinanzi al Tribunale, Corte d’Appello e Corte di Cassazione (con l’eccezione degli articoli 196-quater e 196-sexies Disp. Att. c.p.c. che, per i dipendenti di cui si avvalgono le pubbliche amministrazioni per stare in giudizio personalmente, si applicano invece a partire dal 28 febbraio 2023);
3. quello relativo al procedimento dinanzi alla Corte di Cassazione per cui:
(i) le disposizioni di cui al Capo III del Titolo III del Libro II del c.p.c. e di cui al Capo IV delle Disp. Att. c.p.c. si applicano ai giudizi introdotti con ricorso notificato dal 1° gennaio 2023;
(ii) gli articoli 372, 375, 376, 377, 378, 379, 380, 380-bis, 380-bis.1, 380 ter, 390 e 390-bis c.p.c. si applicano anche ai giudizi introdotti con ricorso già notificato alla data del 1° gennaio 2023 e per i quali non è stata ancora fissata udienza o adunanza in camera di consiglio;
e
(iii) l’art. 363-bis c.p.c. (Rinvio pregiudiziale) che si applica ai procedimenti di merito di nuova introduzione o già pendenti alla data del 1° gennaio 2023.
Per quanto riguarda il primo gruppo, le norme che sono entrate già in vigore (e cui si rinvia per una più compiuta analisi) innovano: (i) la modalità di svolgimento delle udienze che, a decorrere dal 1° gennaio u.s., potranno svolgersi – oltre che in presenza – anche con trattazione scritta o da remoto prevedendo un collegamento in video conferenza, e (ii) la modalità di giuramento del CTU che potrà procedervi mediante dichiarazione scritta, invece di comparire personalmente in udienza (come, in realtà, già previsto dalla precedente normativa emergenziale).
Per quanto riguarda il secondo gruppo, le norme che sono entrate già in vigore (e cui si rinvia per una più compiuta analisi) prevedono essenzialmente l’obbligo del deposito telematico di tutti gli atti processuali e dei documenti nei procedimenti dinanzi al Tribunale, Corte d’Appello e Corte di Cassazione.
Per quanto riguarda il terzo gruppo, stante l’ampiezza delle modifiche disposte con la Riforma, si rinvia direttamente alla lettura delle relative disposizioni, richiamando l’attenzione sul nuovo art. 380-bis c.p.c. (che trova applicazione ai giudizi già pendenti in Cassazione per i quali non è stata ancora fissata udienza o adunanza in camera di consiglio) che così dispone: “Se non è stata ancora fissata la data della decisione, il presidente della sezione o un consigliere da questo delegato può formulare una sintetica proposta di definizione del giudizio, quando ravvisa la inammissibilità, improcedibilità o manifesta infondatezza del ricorso principale e di quello incidentale eventualmente proposto. La proposta è comunicata ai difensori delle parti.
Entro quaranta giorni dalla comunicazione la parte ricorrente, con istanza sottoscritta dal difensore munito di una nuova procura speciale, può chiedere la decisione. In mancanza, il ricorso si intende rinunciato e la Corte provvede ai sensi dell’articolo 391.
Se entro il termine indicato al secondo comma la parte chiede la decisione, la Corte procede ai sensi dell’articolo 380-bis.1 e quando definisce il giudizio in conformità alla proposta applica il terzo e il quarto comma dell’articolo 96”.
Infine, va evidenziato che contestualmente all’anticipazione dell’entrata in vigore della riforma, il legislatore, mediante l’art. 8 DL n. 198 del 29.12.2022, ha altresì disposto la proroga di alcune normative emergenziali (ossia, fino al 28.02.2023, le norme riguardanti il rilascio di copia esecutiva delle sentenze e degli altri provvedimenti dell’autorità giudiziaria in forma di documento informatico e l’obbligo di utilizzare pagamenti telematici limitatamente all’anticipazione forfettaria prevista in materia di spese di giustizia).
Sono state invece prolungate fino al 30.6.23 le norme che disciplinano la facoltà del giudice di disporre il giuramento per iscritto del CTU e quelle che dispongono, salvo istanza di trattazione orale di una delle parti, la trattazione scritta delle pubbliche udienze dinanzi alla Corte di Cassazione.
v.spinelli@macchi-gangemi.com
a.buttarelli@macchi-gangemi.com
META: MULTA DI 390 MILIONI DI EURO E DIVIETO DI PUBBLICITÀ PERSONALIZZATA SENZA CONSENSO. QUALI CONSEGUENZE?
Oramai è su tutte le testate nazionali e internazionali la notizia della sanzione comminata da parte dell’autorità privacy irlandese, a Meta per aver effettuato la personalizzazione degli annunci pubblicitari su Facebook e Instagram, in esecuzione di un contratto, senza ottenere il consenso specifico del cliente.
L’Autorità irlandese denominata Data Protection Commission (DPC), infatti, all’esito di due istruttorie condotte sulla capogruppo e sulle altre società, ha accertato la violazione di numerose norme del GDPR (in primis l’art. 6), comminando due distinte sanzioni per irregolarità riscontrate, rispettivamente su Facebook (210 milioni di euro) e su Instagram (180 milioni di euro).
Il punto focale della decisione riguarda la radicale presa di posizione della DPC in merito alla non utilizzabilità della base giuridica del contratto come fondamento per la personalizzazione degli annunci pubblicitari e per l’advertising basato sul comportamento (in questo senso si era già espresso l’European Data Protection Board – EDPB).
Le indagini hanno preso il via da due reclami del 2018 (uno proveniente dall’Austria e uno dal Belgio). Infatti, prima dell’entrata in vigore del GDPR, Meta si basava sul consenso degli utenti, ma dopo l’introduzione del regolamento aveva spostato il focus sulla base “contrattuale”: gli utenti dovevano accettare anche la profilazione ai fini pubblicitari per accedere al Servizio, in base alle proprie condizioni generali.
Data la particolarità del caso, più autorità europee si sono consultate tra loro e, non riuscendo a prendere una posizione comune, si sono rivolte all’EDPB per ottenere un parere oggettivo sulle violazioni contestate a Meta.
Dopo l’emissione del parere dell’EDPB, ed in linea con tale parere, l’autorità irlandese (DPC) ha adottato la decisione finale lo scorso 31 dicembre e stabilito che l’esecuzione del contratto da parte di Meta con il cliente, in assenza di un consenso espresso specifico, non è lecito e che il trattamento dei dati effettuato fino a quel momento viola l’articolo 6 del GDPR.
Di conseguenza, l’esecuzione delle condizioni generali di contratto in assenza di un consenso specifico espresso non si può considerare una base giuridica valida per un trattamento di dati personali finalizzato alla creazione di contenuti promozionali personalizzati. È, invece, necessario un meccanismo di “opt-in” e quindi il consenso dell’utente, con modalità chiare e trasparenti.
Meta ha, quindi, l’obbligo di adeguarsi alla decisione entro 3 mesi.
La società ritiene che il quadro normativo applicabile non sia chiaro e ha annunciato la propria intenzione di impugnare i provvedimenti sia dal punto di vista del merito che del quantum della sanzione. Secondo Meta, infatti, le aziende si trovano a dover interpretare il regolamento e le norme nazionali senza che ci sia una visione univoca a livello europeo, con il rischio di incorrere in sanzioni da parte di singole autorità nazionali.
Si tratta di una decisione epocale, che, se seguita da altre autorità nazionali (come è probabile, dato il parere vincolante dell’EDPB) potrebbe completamente sconvolgere il modello di business di Meta e di altre società che fino ad oggi hanno basato sull’esecuzione del contratto il trattamento di dati a scopi di personalizzazione degli annunci pubblicitari.
Sicuramente è un tema sul quale altre autorità prima o poi si pronunceranno, ma che rischia di rendere sempre meno appetibile il mercato europeo.
f.montanari@macchi-gangemi.com
l.laterza@macchi-gangemi.com
LEGGE DI BILANCIO 2023. RAVVEDIMENTO SPECIALE PER LE VIOLAZIONI TRIBUTARIE: PROFILI APPLICATIVI E TIMING.
La Legge 29 dicembre 2022, n. 197, la c.d. Legge di bilancio 2023, tra le misure agevolative volte a definire le posizioni fiscali dei contribuenti, ha introdotto il c.d. “ravvedimento speciale” (articolo 1, commi 174-178), strumento di cui il contribuente potrà avvalersi per sanare violazioni tributarie relative a dichiarazioni regolarmente presentate – e non ancora contestate – godendo di una riduzione delle sanzioni a 1/18.
La disposizione prevede la possibilità per il contribuente di regolarizzare le violazioni tributarie delle dichiarazioni regolarmente presentate (l’omessa presentazione della dichiarazione non rientra, dunque, nell’ambito applicativo dell’istituto), diverse da quelle di tipo formale o rientranti nella definizione agevolata delle comunicazioni di irregolarità e dovute a seguito del controllo automatizzato delle dichiarazioni fiscali, riferibili al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2021 e a periodi d’imposta precedenti, mediante il pagamento, entro il 31 marzo 2023:
– dell’imposta;
– degli interessi al tasso legale;
– delle sanzioni, ridotte a un diciottesimo del minimo edittale.
Condizione necessaria per accedere alla misura agevolativa è che le violazioni non siano state contestate, alla data del versamento, con atti di liquidazione, di accertamento o di recupero, di contestazione e di irrogazione delle sanzioni, comprese le comunicazioni di cui all’articolo 36-ter, d.P.R. n. 600 del 1973. Si noti che le violazioni oggetto di avvisi di accertamento, notificati tra la fine del 2022 e fino al 31 marzo 2023 e non impugnati, sebbene non rientrino nel campo applicativo del ravvedimento speciale, possono comunque beneficiare della regolarizzazione di adesione e definizione agevolata di cui ai successivi commi della citata Legge di Bilancio, con la riduzione delle sanzioni a un diciottesimo.
Sono escluse dall’ambito di applicazione del beneficio fiscale le violazioni riguardanti l’emersione di attività finanziarie e patrimoniali costituite o detenute al di fuori del territorio dello Stato.
La regolarizzazione si perfeziona con il versamento di quanto dovuto, ovvero della prima rata, entro il 31 marzo 2023 e con la rimozione delle irregolarità od omissioni. Il pagamento può essere versato in un’unica soluzione o dilazionato in otto rate trimestrali di pari importo, da versare, rispettivamente ed oltre la prima rata al 31 marzo 2023, entro il 30 giugno, il 30 settembre, il 20 dicembre e il 31 marzo di ciascun anno; su tali rate sono dovuti interessi nella misura del 2% annuo.
Il mancato pagamento, totale o parziale, di una delle rate successive alla prima determina la decadenza della rateazione e l’iscrizione a ruolo degli importi ancora dovuti nonché della sanzione di cui all’articolo 13 del d.lgs. n. 471 del 1997, applicata sul residuo dovuto a titolo di imposta e degli interessi nella misura del 4%, con decorrenza dalla data del 31 marzo 2023. In tal caso, la cartella di pagamento dovrà essere notificata, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di decadenza della rateazione.
I ravvedimenti già effettuati alla data di entrata in vigore della Legge di bilancio 2023 saranno ritenuti validi e non sarà possibile chiedere il rimborso delle somme già versate.
Per le modalità di attuazione dell’istituto, la norma rinvia ad un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate.
g.sforzini@macchi-gangemi.com
d.michalopoulos@macchi-gangemi.com
MODIFICA UNILATERALE DEL CONTRATTO DI FORNITURA ENERGETICA O RINNOVO CONTRATTUALE?
Le modifiche dei contratti di fornitura energetica sono possibili, ma solo a specifiche condizioni. Con la decisione del 22 dicembre 2022, il Consiglio di Stato chiarisce l’ambito di applicazione dell’art. 3-bis del Decreto Aiuti Bis (D.L. n. 115/2022) dopo il comunicato congiunto ARERA e AGCM ed i provvedimenti dell’AGCM dell’ottobre 2022.
Le attuali contingenze internazionali hanno favorito un aumento esponenziale dei prezzi dell’energia nonché l’affermarsi di uno stato di incertezza tra consumatori e operatori del settore energetico. In tale contesto, l’emergenza determinata dall’impennata inflattiva per l’aumento dei prezzi dei beni energetici e dalla crisi energetica ha portato all’emanazione del D.L. n. 115/2022 (c.d. Decreto Aiuti bis).
Il Decreto Aiuti bis proroga alcune misure di sostegno già in essere nel 2022 e, contestualmente, introduce nuove misure urgenti per contrastare l’impatto dell’aumento dei costi delle forniture energetiche.
Nello specifico, l’art. 3 del Decreto Aiuti bis introduce la sospensione delle modifiche unilaterali dei contratti di fornitura di energia elettrica e gas naturale da parte dei fornitori ai propri clienti, prevedendo:
– la sospensione dell’efficacia di ogni eventuale clausola contrattuale che consente all’impresa fornitrice di modificare unilateralmente le condizioni generali di contratto relative alla definizione del prezzo, ancorché alla controparte sia contrattualmente riconosciuto il diritto di recesso, e
– l’inefficacia dei preavvisi del fornitore, comunicati per le suddette finalità prima della data di entrata in vigore del decreto, salvo che le modifiche contrattuali si fossero già perfezionate in tale data.
La finalità della norma consiste dunque nel contrastare il caro-energia attraverso gli strumenti della “sospensione” delle modifiche unilaterali e della “inefficacia” dei preavvisi (contemplate rispettivamente dai commi 1° e 2° della citata norma), che impediscono l’esercizio dello ius variandi del fornitore relativamente alla determinazione del prezzo, inteso quale facoltà del fornitore di determinare unilateralmente i prezzi.
Nonostante gli sforzi interpretativi, il Decreto Aiuti bis lascia comunque spazio ad alcuni dubbi concernenti diverse questioni, tra cui quella relativa alla portata applicativa della sospensione. In particolare, il tenore letterale della norma non chiarisce se la sospensione ex art. 3 miri ad evitare esclusivamente la modifica unilaterale delle condizioni economiche non scadute e non di quelle già scadute. Consumatori e imprese, spinti dalla necessità di ottenere opportuni chiarimenti in ordine al quadro complessivo delle regole e all’ambito di applicazione dell’art. 3 del Decreto Aiuti bis, hanno sollecitato l’intervento delle autorità di vigilanza sul tema.
In tale ambito, le autorità di vigilanza (AGCM e ARERA) dopo aver svolto alcuni approfondimenti – in data 13 ottobre 2022 (Comunicato Congiunto AGCM – ARERA) – hanno contribuito a chiarire la natura e i vincoli delle modifiche unilaterali dei contratti di fornitura di energia elettrica e gas, con il dichiarato auspicio di garantire per tal via la tutela dei clienti e l’equilibrio del sistema energetico nazionale. Come emerge dall’interpretazione del Comunicato Congiunto, l’art. 3 del Decreto Aiuti bis trova applicazione nei casi in cui, durante il periodo di esecuzione del contratto di fornitura energetica, il venditore decida di avvalersi per giustificato motivo di una clausola contrattuale che attribuisce allo stesso la facoltà di variare unilateralmente le condizioni contrattuali relative al prezzo (e pertanto non consentite).
Diversa, invece, è l’ipotesi delle evoluzioni automatiche delle condizioni economiche già concordate all’atto della stipula del contratto di fornitura energetica. Le evoluzioni automatiche rappresentano condizioni contrattuali sulla quali le parti hanno già espresso il loro consenso, esse non hanno il carattere dell’unilateralità e per esse non trova applicazione il Decreto Aiuti-bis.
L’intervento delle autorità non ha comunque sgombrato il campo da criticità di ordine interpretativo. Quanto espresso nel Comunicato Congiunto è stato infatti oggetto di critiche sia da parte delle imprese che da parte dei consumatori. Questo perché da un lato gli operatori energetici lamentano di essere costretti ad erogare il servizio sottocosto, senza che sia stato previsto alcun ristoro ai sensi del Regolamento europeo in materia di caro energia (Regolamento UE 2022/1854); d’altra parte i consumatori potrebbero subire l’esercizio delle eventuali azioni di risoluzione, rimedi che sembrerebbero paralizzare la peculiare funzione dell’art. 3 del Decreto Aiuti bis.
Come anticipato, i casi più delicati concernono i clienti che avevano contratti di fornitura energetica in scadenza. Proprio con riferimento a simili casistiche, molti consumatori si sono rivolti all’AGCM che, a partire dallo scorso ottobre 2022, aveva intimato ad alcune società di prorogare tutti i contratti in scadenza fino all’aprile 2023 (termine indicato nel Decreto Aiuti bis, relativo alla sospensione delle modifiche unilaterali dei contratti di fornitura energetica). Tale intervento è stato poi, tuttavia, inibito dal Consiglio di Stato, il quale – con il provvedimento dello scorso 22 dicembre 2022 – ha parzialmente corretto la decisione dell’AGCM che aveva sospeso gli aumenti per le forniture energetiche. Secondo il Consiglio di Stato, l’art. 3 del Decreto Aiuti bis non è applicabile anche ai contratti a tempo determinato o ai contratti che prevedano una scadenza predeterminata delle condizioni economiche a data precedente il 30 aprile 2023, perché in questo caso si tratterebbe di un rinnovo contrattuale liberamente pattuito dalle parti. In altre parole, le variazioni sono illegittime solo se il contratto non è in scadenza, se viceversa il contratto prevede una scadenza è lecito per i fornitori di energia aggiornare le tariffe all’atto del rinnovo. In tale prospettiva è opportuno precisare che bisogna distinguere le ipotesi di rinnovi contrattuali dalle modifiche unilaterali. In linea con l’impostazione accolta dal Consiglio di Stato sarebbe eccessivamente gravoso per i fornitori, nonché illogico, estendere l’ambito di applicazione dell’art. 3 del Decreto alle casistiche dei rinnovi che, in quanto tali, non rappresentano delle ipotesi di variazione unilaterale, visto che si traducono in attività volte a raggiungere una nuova intesa negoziale.
Non vi è dubbio alcuno che, alla luce del descritto contesto e con un 2023 che si annuncia ancora ad alto rischio caro-energia e inflazione, da adesso in avanti assumono particolare rilevanza gli interventi che il Governo si appresta ad adottare in tema di rincari energetici.
s.dellatti@macchi-gangemi.com
g.pappacena@macchi-gangemi.com
DISCLAIMER: Questa newsletter fornisce solo informazioni generali e non costituisce una consulenza legale da parte di Macchi di Cellere Gangemi. L’autore dell’articolo o il vostro contatto in studio sono a Vostra disposizione per qualsiasi ulteriore chiarimento.
PER VISUALIZZARE LA NEWSLETTER PRECEDENTE DEL 16 DICEMBRE 2022: