Il Consiglio di Stato, Sez. III con sentenza del 26 settembre 2023, n. 8512, si esprime sulla legittimità dei criteri premiali per le offerte migliorative.
Come noto, i criteri premiali sono i requisiti che gli offerenti dimostrano di possedere (oltre ai requisiti di aggiudicazione) e per i quali è previsto un punteggio aggiuntivo ai fini dell’assegnazione della gara d’appalto.
Il nuovo Codice degli appalti pubblici (d.lgs. n. 36 del 2023) prevede espressamente all’art. 108 una ipotesi di maggior punteggio premiante laddove “al fine di promuovere la parità di genere, le stazioni appaltanti prevedono nei bandi di gara, negli avvisi e negli inviti, il maggior punteggio da attribuire alle imprese per l’adozione di politiche tese al raggiungimento della parità di genere comprovata dal possesso della certificazione della parità di genere di cui all’articolo 46-bis del codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198”. In tutte le altre ipotesi è riconosciuta, invece, all’amministrazione un’ampia facoltà di prevederli in sede di procedura ad evidenza pubblica, tanto che la giurisprudenza è ormai ferma nell’affermare che: “deve riconoscersi alla stazione appaltante un’ampia discrezionalità nella fissazione dei criteri e dei parametri di valutazione dell’offerta sotto il profilo tecnico, mediante la prefigurazione di punteggi aggiuntivi o premiali per conoscenze ed esperienze professionali certificabili (anche ad opera di soggetti privati, purché qualificati), laddove ciò si giustifichi in relazione allo scopo perseguito mediante l’indizione della procedura selettiva” (Cfr.: Consiglio di Stato sez. V, 18/08/2023, n.7811).
Di recente è tornato sull’argomento il Consiglio di Stato, chiarendo i confini e limiti di introduzione di tali criteri.
In questa prospettiva, i Giudici di Palazzo Spada, con sentenza del 26 settembre 2023, n. 8512, hanno affermato che l’Amministrazione – pur essendo vincolata all’applicazione del principio di favor partecipationis, che tutela la libera concorrenza alle procedure di evidenza pubblica e impedisce alle stazioni appaltanti l’introduzione di regole che restringono la possibilità per gli operatori economici di presentare offerta idonea – ben può adottare regole di gara che, nell’esercizio dell’ampia discrezionalità in materia, possano garantire il perseguimento dell’obiettivo di fornire il bene oggetto di gara nel rispetto dei principi di proporzionalità, ragionevolezza e non estraneità rispetto all’oggetto della procedura.
Del resto, sotto questo profilo, si ricorda che la causa della gara pubblica consiste proprio nell’approvvigionare, mediante il più conveniente dei possibili contratti, l’amministrazione delle opere, dei beni o dei servizi di cui effettivamente necessita nell’interesse generale, e non nel mero mettere a disposizione delle imprese interessate un’occasione di lavoro da modulare sulle loro preferenze organizzative. Con la conseguenza che a questa ratio risponde anche la possibilità di introdurre criteri premiali nel rispetto dei principi suddetti.
DISCLAIMER: Questa newsletter fornisce solo informazioni generali e non costituisce una consulenza legale da parte di Macchi di Cellere Gangemi. L’autore dell’articolo o il vostro contatto in studio sono a Vostra disposizione per qualsiasi ulteriore chiarimento.