La consulenza tecnica preventiva, prevista dall’articolo 696-bis c.p.c., è un procedimento semplificativo volto a favorire la conciliazione delle parti, nella fase antecedente a quella contenziosa del giudizio ordinario, nei casi in cui la controversia presenti aspetti tecnici che vadano accertati in contradditorio tra le parti da un perito imparziale. Il procedimento prevede, appunto, la nomina da parte del Tribunale competente di un consulente tecnico d’ufficio al quale il Giudice sottopone i quesiti idonei a fare chiarezza sulla materia del contendere.
Tale procedura costituisce un efficace strumento di deflazione processuale, in quanto consente alle parti di arrivare ad un accertamento tecnico caratterizzato da oggettività e terzietà senza dover affrontare un intero giudizio di merito. Le risultanze della consulenza tecnica d’ufficio sono ovviamente una solida base per un accordo conciliativo. Laddove questo non riesca e, dunque, venga avviato comunque un giudizio di merito, questo parte però da un fondamento già acquisito, qual è la perizia depositata dal consulente tecnico.
Ebbene, il dettato di cui all’articolo 696-bis c.p.c. prevede che l’espletamento di una consulenza tecnica preventiva possa essere richiesto “ai fini dell’accertamento e della relativa determinazione dei crediti derivanti dalla mancata inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito”.
Tale disposizione, tuttavia, deve essere letta in coordinamento con il dettato dell’art. 1173 c.c., ai sensi del quale le fonti delle obbligazioni sono: (i) il contratto, (ii) il fatto illecito e (iii) “ogni altro atto o fatto idoneo a produrle in conformità con l’ordinamento giuridico”. A tale proposito ci si è chiesti perché l’art. 696-bis c.p.c. sulla consulenza tecnica preventiva prenda in considerazione solo le obbligazioni derivanti da contratto e da fatto illecito ma non quelle derivanti da altri atti o fatti idonei a produrle, come appunto previsto dall’art. 1173 c.c. E se tale disparità di trattamento fosse compatibile o meno con i principi costituzionali e, in particolare, con l’art. 3 Cost. (principio di uguaglianza) e con l’art. 24 Cost (diritto di difesa).
Sul punto si è ora espressa la Corte Costituzionale, con la recentissima pronuncia n. 222 del 21 dicembre 2023, pubblicata in G.U. il 27 dicembre 2023, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 696-bis, comma 1, primo periodo c.p.c., nella parte in cui non prevede il suo espletamento ai fini dell’accertamento e della relativa determinazione dei crediti derivanti anche “da ogni altro atto o fatto idoneo a produrli in conformità dell’ordinamento giuridico”. La Corte ha evidenziato come “la disposizione censurata, ammettendo la consulenza tecnica preventiva per i soli crediti derivanti dalla mancata o inesatta esecuzione di obbligazioni di fonte contrattuale o da fatto illecito, e non anche per tutti i diritti di credito derivanti da ogni altro atto o fatto idoneo a produrli in conformità dell’ordinamento giuridico, secondo la indicazione fornita dall’art. 1173 cod. civ., dà luogo ad una differenziazione priva di una ragionevole giustificazione e alla violazione, in danno dei titolari dei crediti esclusi, della garanzia ex art. 24 Cost., cui non osta l’ampia discrezionalità del legislatore in ambito processuale, che pure questa Corte ha più volte affermato”.
In altre parole, la Corte ha ampliato l’ambito di applicazione della consulenza tecnica preventiva, in quanto una limitazione dell’ambito oggettivo della sua operatività alle sole controversie relative a crediti derivanti da contratto o da fatto illecito genererebbe, in primo luogo, una differenziazione irragionevole ed una disparità di trattamento tra i titolari di posizioni sostanziali di eguale natura (art. 3 Cost.) nonché, in secondo luogo, una violazione del diritto alla difesa (art. 24 Cost.) in danno dei titolari dei diritti di credito derivanti da altre fonti previste dall’ordinamento. Questi altrimenti, come ha sottolineato la Corte, “resterebbero privi di uno strumento alternativo all’ordinaria tutela giurisdizionale nonché ad essa eventualmente preordinato”.
La pronuncia in esame va accolta certamente con favore, nell’ottica – sempre più sentita – di fornire strumenti validi, rapidi ed efficaci come alternativi al ricorso ai giudizi di merito.
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