SENTENZA N. 69/2024 DELLA CORTE COSTITUZIONALE: È INCOSTITUZIONALE UNA DISCIPLINA REGIONALE CHE REGOLA IL TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI.

Con sentenza n. 69 del 24 aprile 2024, la Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo l’art. 3 della legge della Regione Puglia n. 13 del 2023 relativa all’installazione di impianti di videosorveglianza, per violazione degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea e per invasione delle competenze legislative esclusive dello Stato nella materia ordinamento civile”.

Con notifica del 17 agosto 2023, il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso un giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 3 della legge della Regione Puglia n. 13 del 15 giugno 2023 in tema di prevenzione e contrasto di condotte di maltrattamento o di abuso in danno di anziani e persone con disabilità.

In particolare, secondo parte ricorrente, l’art. 3 regola l’installazione di sistemi di videosorveglianza presso strutture di residenza e cura richiamando solo in via generica la disciplina in materia di protezione dei dati personali contenuta nel Regolamento europeo n. 679/2016 (GDPR) e nel Codice italiano sul tema (d.lgs. 196/2003 così come modificato dal d.lgs. 101/2018), e introducendo ulteriori disposizioni specifiche “il cui implicito effetto sarebbe quello di derogare alla complessiva regolamentazione della materia disposta dal legislatore statale competente”.

In primo luogo, il suddetto art. 3 costituisce una violazione dell’art. 117(2)(l) della Costituzione in quanto si tratta di una disciplina regionale in materia di protezione dei dati personali, materia che però la Corte costituzionale stessa ha già ascritto, in pronunce passate, alla competenza legislativa esclusiva dello Stato rientrando nella materia “ordinamento civile”.

Al riguardo la Corte afferma che, diversamente da quanto sostenuto dalla difesa della Regione Puglia, la disciplina contenuta nella legge in esame non può essere ricondotta all’esercizio della competenza legislativa regionale concorrente nella materia “tutela della salute”, la quale non risulta in alcun modo pertinente rispetto all’art. 3. Infatti, tale competenza concorrente può consentire, al più, alla Regione di prevedere un onere relativo all’installazione di un sistema di videosorveglianza richiamando l’obbligo di rispettare tutta la disciplina europea e statale nel campo della videosorveglianza e del trattamento dei dati personali.

In secondo luogo, risulta violato l’art. 117, c.1 della Costituzione essendo la disciplina del trattamento dei dati personali prevalentemente regolata da fonti dell’Unione europea, nell’esercizio della competenza fissata nell’art. 16 del TFUE, trovando poi completamento e integrazione nelle fonti nazionali.

Nello specifico, le previsioni contenute nell’art. 3 determinano una violazione del principio di proporzionalità, in quanto la videosorveglianza rappresenta uno strumento di monitoraggio particolarmente invasivo che la legge in esame non dimostra essere quello più adeguato da introdurre nel caso concreto.

Inoltre, l’articolo in questione prevede la mera necessità del consenso degli ospiti (o dei tutori), senza specificare le modalità e i caratteri con cui il consenso deve essere prestato e risulta in totale assenza di regolamentazione dei tempi di conservazione delle videoriprese.

Ancora, l’art. 3 trascura totalmente la tutela dei lavoratori prevista dalla legge n. 300/1970 regolante le condizioni di ammissibilità dei controlli a distanza dei lavoratori sul luogo di lavoro.

In conclusione, la Corte costituzionale ha stabilito che la Regione non può intervenire in un ambito riservato al legislatore statale regolando autonomamente la materia “protezione dei dati personali”, poiché in tal modo si sovrappone alla normativa europea e statale, travalicando le proprie competenze, soprattutto in considerazione della complessità e della ampiezza dei profili implicati nel trattamento dei dati personali, che richiedono delicati bilanciamenti fra diritti spesso di rango inviolabile. Di conseguenza, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 3 della suddetta legge della Regione Puglia.

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