MESSAGGIO DI POSTA ELETTRONICA (E-MAIL ORDINARIA) E VALORE DELLA DICHIARAZIONE NEGOZIALE IN ESSA CONTENUTA: LA CORTE DI CASSAZIONE FA CHIAREZZA.

Un semplice messaggio di posta elettronica, se non accompagnato da una dichiarazione firmata digitalmente, non ha l’efficacia della scrittura privata ai sensi dell’articolo 2702 del Codice civile. Espressioni generiche di consenso o di accettazione di una proposta non integrano un atto scritto ai sensi degli articoli 1350 e 1351 Codice civile.

Con sentenza n. 22012 del 24.07.2023 la seconda sezione civile della Corte di cassazione è intervenuta per fare chiarezza su un’interessante questione ovvero il valore del mero messaggio di posta elettronica privo di una dichiarazione firmata digitalmente dal mittente; per la Corte solo in presenza di una firma elettronica avanzata, qualificata o digitale può dirsi concluso un negozio giuridico con forma scritta “ad substantiam” (v. sentenza pubblicata in Guida al diritto, 2023, 46).

La vicenda trae origine da una disputa sorta per il riconoscimento delle provvigioni richieste per l’attività di mediazione di un’agenzia immobiliare a seguito di una proposta di acquisto di immobile accettata dai promittenti venditori tramite invio di semplice messaggio di posta elettronica; nella lite è stata contestata l’effettiva accettazione della proposta da parte dei venditori. Se, al termine del giudizio di primo grado, il Tribunale aveva deciso la lite senza entrare nel merito dell’efficacia del messaggio via e-mail, la Corte d’appello aveva invece approfondito la questione affermando il principio secondo cui il messaggio di posta elettronica non è equiparabile alla scrittura privata né sotto il profilo probatorio né, tanto meno, sotto il profilo formale. La Corte di Cassazione ha fatto infine chiarezza sul punto precisando che la semplice e-mail, in quanto priva di firma elettronica, non ha

l’efficacia della scrittura privata prevista dall’art. 2702 c.c. (conforme anche Cass. Civ Sez. VI, 14.05.2018, n. 11606, in Giust. Civ. Mass. 2018).

L’argomento merita un breve approfondimento.

Innanzitutto, La normativa di riferimento in materia di firma elettronica è, a livello europeo, il Regolamento (UE) N. 910/2014 (“Reg. eIDAS”) e, a livello nazionale, il d.lgs. 82/2005 – Codice dell’Amministrazione Digitale (“CAD”).

Il nostro ordinamento, recependo le disposizioni del Reg. eIDAS, riconosce tre tipologie di firme elettroniche (in ordine crescente di attendibilità):

1.   Firma elettronica semplice: insieme di dati in forma elettronica che consentono di ricondurre un determinato atto a una persona fisica (ad es. la firma in originale scansionata) (c.d. “FES”).

2. Firma elettronica avanzata: insieme di dati in forma elettronica con i requisiti di cui all’art. 26 del Reg. eIDAS e le caratteristiche tecniche di cui all’art. 56 del DPCM 22 febbraio 2013, che consentono l’identificazione del firmatario del documento e garantiscono la connessione univoca al firmatario, tramite mezzi sui quali il firmatario può conservare un controllo esclusivo (c.d. “FEA”); un esempio di FEA è la firma grafometrica utilizzata sui tablet da banche e assicurazioni.

3.  Firma elettronica qualificata (o firma digitale): firma elettronica creata da un dispositivo per la creazione di una firma elettronica qualificata e basata su un certificato qualificato per firme elettroniche (c.d. “FEQ”). L’art. 25 del Reg. eIDAS precisa che “… una firma elettronica qualificata basata su un certificato qualificato rilasciato in uno Stato membro è riconosciuta quale firma elettronica qualificata in tutti gli altri Stati membri …”.

L’art. 24, co. 4 ter, CAD, contempla la possibilità che la firma elettronica sia basata su un certificato qualificato rilasciato da un certificatore stabilito in uno Stato non facente parte dell’Unione europea, quando (a) il certificatore possiede i requisiti previsti dal Reg. eIDAS ed è qualificato in uno Stato membro, oppure (b) il certificato qualificato è garantito da un certificatore stabilito nell’Unione europea, in possesso dei requisiti di cui al medesimo regolamento, oppure (c) il certificato qualificato, o il certificatore, è riconosciuto in forza di un accordo bilaterale o multilaterale tra l’Unione europea e Paesi terzi o organizzazioni internazionali.

Ai sensi dell’49 del Reg. eIDAS, spetta al diritto nazionale definire gli effetti giuridici delle diverse tipologie di firme elettroniche e, di conseguenza, quali tipologie di firme elettroniche siano necessarie per ritenere un documento validamente sottoscritto secondo la legge italiana. L’art. 20 CAD dispone che un “… documento informatico soddisfa il requisito della forma scritta e ha l’efficacia prevista dall’art. 2702 del codice civile quando vi è apposta una firma digitale, altro tipo di firma elettronica qualificata o una firma elettronica avanzata o, comunque, è formato, previa identificazione informatica del

suo autore, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall’AgID ai sensi dell’art. 71 [adozione di linee guida da parte dell’AgID, n.d.r.] con modalità tali da garantire la sicurezza, integrità e immodificabilità del documento e, in maniera manifesta e inequivoca, la sua riconducibilità all’autore …” (art. 20 cit.).

Per gli atti non ricompresi tra quelli ai punti da 1 a 12 dell’art. 1350 del Codice civile dove è obbligatoria la forma scritta (es. contratti aventi ad oggetto beni immobili e contratti ad essi collegati), la sottoscrizione è ritenuta valida sia che sia apposta tramite FEQ sia che sia fatta con FEA.

La differenza tra i due tipi di firma risiede negli effetti giuridici: sia la FEA che la FEQ hanno l’efficacia prevista dall’articolo 2702 c.c., tuttavia, la firma elettronica avanzata (FEA) è utilizzabile solo nei rapporti interni tra le parti firmatarie del documento (cfr. art. 60 del DPCM 22 febbraio 2013), mentre quella elettronica qualificata (FEQ) è opponibile anche ai terzi. Tornando alla decisione in commento, alla Corte di cassazione va il merito di avere deciso aderendo alla lettera del Codice dell’Amministrazione Digitale (D.lgs. 82/2005) già vigente all’epoca dei fatti di causa – risalenti al 2008 – focalizzando l’attenzione sul valore del documento informatico sottoscritto “… con firma elettronica qualificata o con firma digitale …” (art. 20 CAD nella formulazione pregressa); l’e-mail, da sola, non basta.

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