BENI CULTURALI CON VINCOLO DI DESTINAZIONE D’USO: IL CONSIGLIO DI STATO RICONOSCE TALE POTERE IN CAPO AL MINISTERO DELLA CULTURA.

da

in

Con una importante decisione, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, n. 5 del 13 febbraio 2023 ha ammesso la possibilità per l’amministrazione di imprimere, sulla scorta di adeguata motivazione, un “vincolo di destinazione d’uso del bene culturale” volto a prevenire situazioni di rischio per la conservazione dell’integrità materiale del bene culturale medesimo o del valore immateriale in esso incorporato anche quando la res sia espressione di identità culturale collettiva. E ciò al fine, in questa ipotesi, non solo di assicurane la conservazione sotto il profilo materiale, ma di consentire che perduri nel tempo: “la condivisione e la trasmissione della manifestazione culturale immateriale, di cui la cosa contribuisce a costituirne la testimonianza”.

In altri termini, alla luce della decisione di cui sopra è stato finalmente chiarito che le norme previste dal D.lgs. n. 42/2004 in materia di vincolo di destinazione d’uso di un bene culturale (articoli 7-bis, 10, comma 3, lettera d), 18, comma 1, 20, comma 1, 21, comma 4, e 29, comma 2, del d.lgs. n. 42 del 2004) riguardano non solo la sua conservazione materiale, ma anche la trasmissione dei valori in esso incorporati, che lo rendono una “testimonianza vivente” di tali valori e delle correlate manifestazioni culturali immateriali.

È opportuno ricordare che sino ad ora la giurisprudenza amministrativa non aveva risolto in maniera univoca la questione di diritto relativa all’ammissibilità dell’istituto del “vincolo culturale di destinazione d’uso”; di modo che, a fronte di pronunce contrarie, sono state rese decisioni favorevoli, che, tuttavia, pur ammettendo l’imposizione di un vincolo di destinazione ai fini della conservazione del bene culturale, hanno diversamente individuato i presupposti in base ai quali l’amministrazione statale poteva emanare il provvedimento di vincolo.

In via di estrema sintesi i diversi orientamenti sul tema da parte della giurisprudenza erano ben tre:

(i) un primo che negava ab origine l’ammissibilità del vincolo di destinazione d’uso perché incompatibile e lesiva del diritto di proprietà;

(ii) un secondo che lo ammetteva in circostanze eccezionali e circoscritte, correlate alla particolare trasformazione del bene con una sua specifica destinazione ed al suo stretto collegamento per un’iniziativa storico-culturale di rilevante importanza;

(iii) ed, infine, un terzo orientamento che consentiva l’imposizione di un vincolo culturale di destinazione d’uso, previa adeguata esposizione delle ragioni che ne sono alla base.

A ben vedere l’Adunanza Plenaria ritiene di aderire al terzo orientamento sopra sintetizzato, perché è basato sulla legislazione vigente ed è anche maggiormente conforme agli obiettivi di interesse generale sottesi alla tutela dei beni culturali, oltre che coerente con il quadro costituzionale di riferimento, in particolare con l’art. 9 della Costituzione Italiana secondo cui l’interesse culturale prevale su qualsiasi altro interesse, ivi compresi quelli economici, nelle valutazioni concernenti i reciproci rapporti (ex multis: Corte Cost. 27 giugno 1986, n., 151).

Come si è correttamente osservato, tale decisione è importante poiché il bene culturale potrà essere protetto non solo nella sua dimensione “fisica”, ma anche nella destinazione d’uso che a esso viene impressa e che in esso può esercitarsi.

Il Ministero della Cultura è titolare di un potere molto incisivo derivante dall’apposizione del vincolo culturale che impedirà usi diversi da quello condotto storicamente nell’immobile. In questi casi, quindi, l’interesse culturale emerge dalla relazione che sussiste tra il bene e l’attività che in esso è presente da tempo. Si tratta di una commistione tra un bene materiale (l’immobile) e uno immateriale (l’uso) che, come rilevato dal Consiglio di Stato, costituisce un tutt’uno inscindibile che dà forma a: “quella peculiare espressione artistica e storica riconosciuta di particolare interesse culturale”.

Per tali ragioni, sulla scorta di quanto fino ad ora illustrato, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha enunciato i seguenti principi di diritto:

– ai sensi degli articoli 7 bis, 10, comma 3, lettera d), 18, comma 1, 20, comma 1, 21, comma 4, e 29, comma 2, del Dlgs n. 42 del 2004 (n.d.a. codice dei beni culturali), il vincolo di destinazione d’uso del bene culturale può essere imposto quando il provvedimento risulti funzionale alla conservazione della integrità materiale della cosa o dei suoi caratteri storici o artistici, sulla base di una adeguata motivazione, da cui risulti l’esigenza di prevenire situazioni di rischio per la conservazione dell’integrità materiale del bene culturale o del valore immateriale nello stesso incorporato”;

– ai sensi degli articoli 7 bis, 10, comma 3, lettera d), 18, comma 1, 20, comma 1, 21, comma 4, e 29, comma 2, del codice n. 42 del 2004, il vincolo di destinazione d’uso del bene culturale può essere imposto a tutela di beni che sono espressione di identità culturale collettiva, non solo per disporne la conservazione sotto il profilo materiale, ma anche per consentire che perduri nel tempo la condivisione e la trasmissione della manifestazione culturale immateriale, di cui la cosa contribuisce a costituirne la testimonianza”.

La decisione concerne, in particolare, la destinazione di un bene immobile e i vincoli ai suoi futuri e possibili usi. Ciò non di meno, il principio espresso potrebbe in ipotesi essere applicato anche a tutela di beni mobili, le cui destinazioni sono fortemente impresse nei beni stessi.

n.digiandomenico @macchi-gangemi.com

DISCLAIMERQuesta newsletter fornisce solo informazioni generali e non costituisce una consulenza legale da parte di Macchi di Cellere Gangemi. L’autore dell’articolo o il vostro contatto in studio sono a Vostra disposizione per qualsiasi ulteriore chiarimento.