DONAZIONI DI MODICO VALORE: BASTA UN BONIFICO?

Il Tribunale Ordinario di Verona si è recentemente espresso sui presupposti delle donazioni di modico valore coniando un principio dai risvolti pratici di indubbio rilievo: a certe condizioni, può bastare un semplice bonifico senza causale per integrare una donazione seppur in assenza di atto pubblico ai sensi dell’art. 782 c.c.

La vicenda trattata dal Tribunale Ordinario di Verona con la recentissima sentenza n° 845/2024 dell’08.04.2024 è la seguente: una signora anziana bonifica ad un conoscente somme (a più riprese) per decine di migliaia di euro nella convinzione di prestare all’amico il denaro necessario per realizzare alcuni investimenti; in seguito, però, i buoni rapporti tra le parti si deteriorano e l’anziana donna chiede la restituzione dei prestiti ma il beneficiario degli accrediti oppone di avere ricevuto delle donazioni di modico valore e di non dovere, pertanto, restituire alcunché.

Il giudizio, introdotto come opposizione ad un decreto ingiuntivo ottenuto dall’anziana signora nei confronti del conoscente, si è in buona misura sviluppato, e poi risolto, nell’accertamento delle condizioni economico-patrimoniali della mutuante/donante; questo per affrontare e superare l’eccezione prontamente sollevata dalla parte opposta sin dalle prime battute del giudizio secondo cui le asserite donazioni dovevano considerarsi nulle perché non realizzate con le formalità previste dall’art. 782 c.c., ovvero con atto pubblico.

Prima di addentrarci nella soluzione data alla vicenda dal tribunale, è utile ricordare che la donazione è, per definizione codicistica, quel contratto con il quale una parte, per spirito di liberalità, arricchisce l’altra disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa un’obbligazione (art. 769 c.c.).

Affinché si realizzi una donazione deve sussistere l’animus donandi in capo al donante, ovvero la volontà di accordare un gratuito arricchimento al donatario (fra tante Cass. Civ. 03.06.1980, n. 3621 in Giust. Civ. 1980, I, 2138); al contempo, all’accrescimento del patrimonio di chi beneficia della donazione deve corrispondere un contestuale impoverimento del donante.

Ad eccezione delle donazioni di modico valore, simili atti di liberalità devono essere formalizzati per atto pubblico a pena di nullità (art. 782 c.c.) e, per insegnamento della Corte di Cassazione, in tale atto l’intervento dei testimoni determina una formalità c.d. ab sustantiam (Cass. Civ. Sez. II, 30.06.2014, n. 14799 in Dir. Giustizia 2014,1 luglio); inoltre, affinché la donazione si realizzi, deve essere espressa l’accettazione del donatario.

Tornando ora al caso trattato dal Tribunale di Verona, il Giudice ha accolto la tesi delle plurime donazioni di modico valore in favore del donatario sulla scorta di almeno due evidenze fattuali.

La prima: la signora era, al tempo dei distinti atti di liberalità, titolare di un patrimonio personale tale (poco sotto il milione di euro) da considerare almeno due disposizioni di bonifico, rispettivamente di € 5.500,00 e di € 20.000,00, come donazioni di “modico valore”; da qui l’applicazione dell’art 783 commi 1 e 2 c.c. che, come noto, esclude la necessità di un atto pubblico per rendere valida la dazione.

Per giurisprudenza unanime, la modicità dei beni donati deve essere valutata dal giudice avendo a mente sia l’elemento oggettivo del valore dei beni donati, sia l’elemento soggettivo rappresentato dalla potenzialità economica del disponente; attraverso il contemperamento di entrambi gli elementi il giudice deve essere in grado di stabilire che la liberalità non ha inciso in modo apprezzabile sul patrimonio del donante (v. commento all’art. 783 c.c. in Codice Civile a cura di Pietro Rescigno, ed. 1992, pag. 848 sub 5).

Il secondo elemento in fatto attentamente valutato dal tribunale riguarda l’assenza, nei due bonifici, di una precisa indicazione di una causale che potesse in qualche modo ricondurre le operazioni a prestiti anziché a donazioni; in un bonifico, infatti, la causale era stata del tutto tralasciata, nell’altro invece erano state riportate le sole parole “… come da intese …”.

Il Tribunale ha quindi optato per la sussistenza di distinte donazioni di modico valore anziché di singoli contratti di mutuo proprio per l’assenza di qualsivoglia indicazione nelle causali di bonifici eseguiti in favore del beneficiario.

Va altresì detto che la tesi del mutuo è stata disattesa anche sulla scorta del principio secondo cui, ai fini della restituzione di somme corrisposte a titolo di mutuo, la sussistenza di un simile contratto non può essere desunta dalla mera consegna delle somme di denaro, essendo anche necessario fornire la prova del titolo (Cass. Civ. Sez. VI, 22.11.2022, n. 34294 in Guida al diritto 2023, 1).

A tanto argomentare viene però da annotare che, in simili contesti, chi ingenuamente bonifica delle somme a conoscenti/amici con slancio e generosità (beh, intanto te li presto, ne hai bisogno, poi me li ridarai …)  viene posto in una condizione di indubbio svantaggio rispetto a chi i soldi li ha incassati: infatti, l’onere di provare la causa del mutuo è spesso insuperabile quando la familiarità con il beneficiato è tale da non richiedere formali riconoscimenti di debito a garanzia dell’obbligo restitutorio e tutto si fonda sulla sola parola data.

Perplessità desta poi il principio proposto dalla sentenza in commento secondo cui, se non si specifica nella causa del bonifico che è un prestito, siamo in presenza di una donazione di modico valore, sempre che il patrimonio del donante permetta di invocare l’art. 783 c.c..

Una “presunzione di donazione” inedita che impone la massima prudenza nei trasferimenti di denaro perché, a certe condizioni, per integrare una vera donazione basta davvero un semplice bonifico.

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