IL CREDITO PER RICERCA E SVILUPPO NON INDICATO NEL QUADRO RU DELLA DICHIARAZIONE DEI REDDITI SI QUALIFICA COME CREDITO INESISTENTE O NON SPETTANTE?

La risposta non è affatto scontata. La corretta distinzione tra crediti inesistenti e crediti non spettanti, con gli effetti che ne conseguono, rimane una questione tutt’altro che chiusa. Per gli uffici periferici dell’Agenzia delle Entrate non ci sono dubbi: se recuperato, il credito d’imposta R&S è inesistente. La giurisprudenza e, soprattutto, la logica, sono di segno opposto.

Punto di partenza è la distinzione tra credito di imposta non spettante o inesistente: il credito d’imposta si definisce non spettante laddove il contribuente, pur nell’intento di rispettare il presupposto normativo, commette degli errori di qualificazione o quantificazione dello stesso. Viceversa, il credito d’imposta è da definirsi inesistente nei casi in cui la determinazione del credito sia avvenuta in assenza di documentazione o sulla base di documentazione non veritiera.

Diverse sono poi le implicazioni di natura fiscale, sia relativamente ai temini di accertamento (più lunghi per il credito inesistente) sia in relazione alle sanzioni applicabili (più severe per il credito inesistente). In particolare, in relazione ai crediti d’imposta inesistenti la norma di riferimento è l’art. 27 comma 16, D.l 185/2008, il quale prescrive che per i crediti inesistenti indebitamente compensati, l’atto vada notificato a pena di decadenza entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello in cui è avvenuta la compensazione. Per quel che concerne, invece, i crediti non spettanti la disciplina di riferimento è individuata nell’art. 43 comma 1 D.P.R. 600/1973, a norma del quale gli avvisi di accertamento devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione. Sul piano sanzionatorio, l’articolo 13, D.Lgs. n. 471/1997, prevede una sanzione del 30 per cento in caso di utilizzo di un credito d’imposta in misura superiore a quella spettante, e di una sanzione dal 100% al 200% del credito nel caso di utilizzo in compensazione di crediti inesistenti.

Ebbene, la querelle relativa alla qualificazione come credito d’imposta inesistente o non spettante del credito per ricerca e sviluppato non dichiarato, ha dato origine a molteplici contenziosi. Secondo l’Agenzia delle Entrate la mancata compilazione del quadro RU viene interpretata come inesistenza del presupposto, con conseguente inesistenza del credito. In attesa delle Sezioni Unite (cfr. ordinanza n. 3784/2023, n. 3443-3444 e 3445 del 2022) sul tema si segnala la recente sentenza n. 1288 del 2023 della Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado della Lombardia nella quale si ritiene che, se è pur vero che nelle istruzioni per la compilazione della dichiarazione è previsto che il credito debba essere indicato, a pena di decadenza, è altrettanto vero che tale previsione non trova riscontro nel dettato normativo. In altre parole, secondo la Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado della Lombardia, sono inesistenti solo i crediti che risultano tali sin dall’origine, o per i quali è riconosciuta la spettanza ad un soggetto diverso da quello che li utilizza. Per tale motivo, la Corte giunge alla conclusione secondo cui l’omissione del quadro RU sarebbe da considerare errore formale.

È evidente come la corretta distinzione tra crediti inesistenti e crediti non spettanti, con gli effetti che ne conseguono, sia uno dei temi fiscali più caldi, tanto che anche la delega fiscale promette chiarezza. Speriamo quindi che presto tutti i dubbi possano trova risoluzione.

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