INTERESSI LEGALI O SUPERINTERESSI? UNA PRONUNCIA INTERESSANTE!

Le Sezioni Unite della Cassazione chiariscono i presupposti e le condizioni per ottenere, in via esecutiva, il pagamento dei cd. superinteressi previsti dal quarto coma dell’art. 1284 c.c..

L’art. 1284 c.c. stabilisce infatti che:

1. Il saggio degli interessi legali è determinato in misura pari al 5% per cento in ragione d’anno. Il Ministro del tesoro, con proprio decreto pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana non oltre il 15 dicembre dell’anno precedente a quello cui il saggio si riferisce, può modificarne annualmente la misura, sulla base del rendimento medio annuo lordo dei titoli di Stato di durata non superiore a dodici mesi e tenuto conto del tasso di inflazione registrato nell’anno. Qualora entro il 15 dicembre non sia fissata una nuova misura del saggio, questo rimane invariato per l’anno successivo.

    2.   Allo stesso saggio si computano gli interessi convenzionali, se le parti non ne hanno determinato la misura.

    3.   Gli interessi superiori alla misura legale devono essere determinati per iscritto; altrimenti sono dovuti nella misura legale.

    4.   Se le parti non ne hanno determinato la misura, dal momento in cui è proposta domanda giudiziale il saggio degli interessi legali è pari a quello previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali.

    5.   La disposizione del quarto comma si applica anche all’atto con cui si promuove il procedimento arbitrale.

    Cosa fare, però, nel caso in cui il dispositivo della sentenza che accoglie la domanda si limiti a riconoscere il “pagamento degli interessi legali” senza ulteriori specificazioni in proposito?

    In tal caso, il creditore che agisca in via esecutiva potrebbe trovarsi dinanzi al dubbio di quale sia il saggio applicabile alla sorte capitale (quello legale o quello maggiorato?) e – in caso di erronea applicazione dello stesso – potrebbe subire un’opposizione all’esecuzione da parte del debitore che contesti la debenza dei cd. superinteressi previsti dal quarto comma dell’art. 1284 c.c. (ossia gli interessi previsti dalla legislazione speciale per il ritardo nel pagamento delle transazioni commerciali, applicabile ai sensi del quarto comma a decorrere dal momento in cui è proposta la domanda giudiziale).

    La Cassazione – dopo un breve excursus delle differenze tra l’attività del giudice in sede di cognizione (che conduce all’emanazione della sentenza o titolo esecutivo) e quella del giudice dell’esecuzione (meramente interpretativa, ma non integrativa del titolo) – ha chiarito che “se il titolo esecutivo è silente, il creditore non può conseguire in sede di esecuzione forzata il pagamento degli interessi maggiorati, stante il divieto per il giudice dell’esecuzione di integrare il titolo, ma deve affidarsi al rimedio impugnatorio.”

    La spettanza del cd. superinteressi (attualmente al 12,5%), rispetto agli ordinari interessi legali (attualmente al 2,5%), è, infatti, questione che non può essere risolta dal giudice dell’esecuzione, ma necessita di un accertamento propriamente giurisdizionale di corrispondenza della fattispecie concreta a quella astratta prevista dalla norma e presuppone un’indagine:

    • sulla fonte dell’obbligazione (che può essere la più varia: responsabilità contrattuale, extra-contrattuale, crediti da lavoro, crediti per alimenti o crediti non preesistenti al processo);
    • se vi sia una (valida ed efficace) determinazione contrattuale della misura degli interessi, quale circostanza che – ai sensi del quarto comma dell’art. 1284 c.c. – impedisce la produzione dei cd. superinteressi); nonché,
    • sulla identificazione della domanda giudiziale quale momento rilevante per la decorrenza degli interessi (che la Corte ipotizza possa essere anche antecedente alla notifica dell’atto di citazione o del ricorso, come nel caso di precedenti domande cautelari o di accertamento tecnico preventivo oppure, ad esempio, potrebbe essere esclusa durante lo svolgimento del procedimento di mediazione introdotto dopo la domanda giudiziale a causa del suo mancato previo esperimento da parte del creditore).

    Considerato, quindi, che l’accertamento della fattispecie produttiva degli interessi maggiorati (o superinteressi) è evidentemente autonomo rispetto alla controversia da risolvere, ed è suscettibile di diventare “cosa giudicata”, laddove il dispositivo o la motivazione della sentenza non forniscano al giudice dell’esecuzione un chiaro contenuto precettivo del comando disposto dal titolo, al creditore non rimarrà altro rimedio che l’impugnazione.

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