• LATEST NEWS & INSIGHTS 1 aprile 2022

    Pubblicato il: 01/04/2022


    GOLDEN POWER: IL CONFLITTO RUSSIA-UCRAINA RAFFORZA I POTERI SPECIALI DEL GOVERNO.

     

    Nell’ambito del pacchetto di disposizioni adottate al fine di fronteggiare la crisi ucraina, con il Decreto Legge del 21 marzo 2022, n. 21 (c.d. Decreto Ucraina bis) il Governo ha introdotto anche diverse modifiche alla disciplina “Golden Power”. Tale disciplina, che trova la sua principale fonte normativa nel Decreto Legge del 15 marzo 2012, n. 21, determina i campi e le modalità di esercizio da parte del Governo dei poteri speciali in materia di salvaguardia degli assetti proprietari delle società operanti in settori reputati strategici e di interesse nazionale.

     

    Le innovazioni portate dal Decreto Legge 21 marzo 2022, n. 21 sono sia di carattere sostanziale, ampliando il perimetro dei settori che ricadono sotto la disciplina Golden Power, soprattutto con riferimento ai settori della difesa e sicurezza nazionale e delle reti di comunicazione, sia di carattere procedurale, semplificando in alcuni casi l’iter della notifica dell’operazione.

     

    Sotto il profilo sostanziale, le principali modifiche alla disciplina Golden Power sono le seguenti.

     

    – Nei settori della difesa e della sicurezza nazionale viene allargato il perimetro delle delibere, atti od operazioni societarie a cui il Governo può porre il veto, includendo quelli che abbiano per effetto modifiche della titolarità, del controllo o della disponibilità degli attivi detenuti da imprese che svolgono attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale, nonché l’assegnazione degli stessi a titolo di garanzia.

     

    – Divengono soggetti all’obbligo di notifica alla Presidenza del Consiglio dei Ministri (“PCM”) gli acquisti di partecipazioni nei settori delle comunicazioni, dell’energia, dei trasporti, della salute, agroalimentare e finanziario, ivi incluso quello creditizio e assicurativo, anche qualora i soggetti acquirenti siano appartenenti all’Unione Europea, inclusi quelli residenti in Italia.

     

    – Nell’ambito dei settori delle reti di telecomunicazioni, vengono considerati di rilevanza strategica per la difesa e la sicurezza nazionale, in aggiunta ai servizi di comunicazione elettronica a banda larga basati sulla tecnologia 5G, anche ulteriori servizi, beni, rapporti, attività e tecnologie rilevanti ai fini della sicurezza cibernetica, ivi inclusi quelli relativi alla tecnologia cloud. Nei suddetti settori sarà inoltre “potenziato” il procedimento di notifica alla PCM in quanto l’acquirente dovrà fornire a quest’ultima anche un piano annuale analitico contenente una descrizione dettagliata dell’operazione e delle tecnologie funzionali alla stessa, nonché delle previsioni e modalità di sviluppo dei sistemi di digitalizzazione.

     

    – È istituito, sotto l’egida della PCM, un nucleo di valutazione e analisi strategica in materia di poteri speciali composto da dieci membri con spiccate competenze in campo economico, giuridico e delle relazioni internazionali con lo scopo di valutare, anche avvalendosi della collaborazione della Guardia di Finanza, caso per caso le possibili acquisizioni.

     

    Sotto il profilo procedurale, invece, sono degne di nota le seguenti modifiche normative.

     

    – È introdotta la possibilità che la società acquirente e la società target procedano ad una notifica congiunta alla PCM; ove la notifica sia effettuata dal solo acquirente e la società target operi in determinati settori, tra cui quelli dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni, a quest’ultima dovrà essere trasmessa una informativa ai fini della sua partecipazione al procedimento, con facoltà di deposito di memorie e documenti alla PCM. Un aspetto positivo della notifica congiunta è rappresentato dal fatto che, nel caso in cui la PCM chiedesse ulteriori informazioni alla società target, questa, in quanto notificante, sarà tenuta a rispondere entro 10 giorni e non entro gli attuali 20 giorni applicabili alle terze parti, con ciò riducendo il termine complessivo per la conclusione del procedimento .

     

    – Viene introdotto il regime della prenotifica ossia la possibilità di sottoporre preventivamente l’operazione alla valutazione del Governo al fine di verificare l’applicabilità della disciplina Golden Power nel caso concreto.

     

    – In caso di decisione unanime del Gruppo di coordinamento circa la non applicabilità della disciplina del Golden Power all’operazione in oggetto, non sarà più necessaria la delibera del Consiglio dei Ministri per la definizione del procedimento.

     

     

    m.patrignani@macchi-gangemi.com
    a.frau@macchi-gangemi.com

     

     

     

    IL CONSIGLIO DEI MINISTRI APPROVA LO SCHEMA DI DECRETO LEGISLATIVO SUL CODICE DELLA CRISI D’IMPRESA E DELL’INSOLVENZA: QUALI LE MODIFICHE PIÙ RILEVANTI?

     

    Il 17 marzo 2022 il Consiglio dei Ministri ha approvato, in prima lettura, numerose modifiche al Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza. La principale di esse riguarda la sostituzione delle misure di allerta e di composizione assistita della crisi che erano previste nel codice, con la composizione negoziata (strumento elaborato e introdotto dal legislatore con il Decreto Legge 24 agosto 2021 n. 118) inserita ora nel nuovo Titolo II della parte prima del codice, rubricato “Composizione negoziata della crisi, piattaforma unica nazionale, concordato semplificato e segnalazioni per la anticipata emersione della crisi”.

     

    Lo scorso 17 marzo il Consiglio dei Ministri ha approvato, in prima lettura, lo Schema di Decreto Legislativo delegato recante modifiche al Codice della Crisi d’impresa e dell’insolvenza (c.d. CCII) di cui al Decreto Legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, in attuazione della Direttiva UE 2019/1023 (c.d. Direttiva Insolvency), le cui disposizioni hanno l’obbiettivo di garantire il corretto funzionamento del mercato interno e il pieno esercizio delle libertà di circolazione dei capitali e stabilimento tramite l’armonizzazione delle legislazioni e procedure nazionali in materia di ristrutturazione preventiva, insolvenza, esdebitazione e interdizioni.

     

    Le modifiche introdotte riguardano principalmente: (i) la scomparsa dell’OCRI e degli indicatori della crisi di impresa di cui all’articolo 13 del precedente testo del CCII e la sostituzione delle misure di allerta e di composizione assistita con la composizione negoziata; (ii) i quadri di ristrutturazione preventiva, (iii) le procedure di esdebitazione e le interdizioni; (iv) l’istituzione del piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione e (v) una forte spinta per un maggiore e più efficiente utilizzo del concordato in continuità aziendale.

     

    Sulla spinta del legislatore europeo, quello italiano ha ridenominato le “procedure di regolazione della crisi o dell’insolvenza” utilizzando il termine di “quadri di ristrutturazione preventiva”, in analogia con l’espressione utilizzata nel Titolo II della Direttiva Insolvency. Quadri che sono destinati a ricomprendere tutti gli strumenti di composizione della crisi alternativi alle procedure di insolvenza e definiti come “le misure e le procedure volte al risanamento dell’impresa attraverso la modifica della composizione dello stato o della struttura delle sue attività e passività o del capitale”, che consentano ai debitori un risanamento precoce che possa prevenire l’insolvenza evitando la liquidazione di imprese sane. Le misure dovrebbero, nel contempo, impedire la perdita di posti di lavoro nonché la perdita di conoscenze e competenze e massimizzare il valore totale per i creditori, rispetto a quanto avrebbero ricevuto in caso di liquidazione degli attivi della società o nel caso del migliore scenario alternativo possibile in mancanza di un piano.

     

    E’ stato eliminato il riferimento allo “squilibrio economico-finanziario” introdotto dal D. Lgs 147/2020 e il termine “crisi” è stato modificato come segue: “lo stato del debitore che rende probabile l’insolvenza e che si manifesta con l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi”.

     

    Tra le modifiche più importanti, lo Schema colma quello che da molti è stato definito un vuoto normativo dell’art. 2086 c.c., indicando quali segnali di allarme rilevanti ai fini della tempestiva rilevazione dello stato di crisi: (i) l’esistenza di debiti per retribuzioni scaduti da almeno trenta giorni pari a oltre la metà dell’ammontare complessivo mensile delle retribuzioni; (ii) l’esistenza di debiti verso fornitori scaduti da almeno novanta giorni di ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti; (iii) l’esistenza di esposizioni nei confronti delle banche e degli altri intermediari finanziari che siano scadute da più di sessanta giorni o che abbiano superato da almeno sessanta giorni il limite degli affidamenti ottenuti in qualunque forma purché rappresentino complessivamente almeno il cinque per cento del totale delle esposizioni; (iv) l’esistenza di una o più delle esposizioni debitorie nei confronti del Fisco e dell’Inps nelle soglie previste dal nuovo articolo 25-novies, comma 1, del Codice della Crisi.

     

    Vengono inoltre adottati nuovi obblighi di segnalazione per i creditori pubblici qualificati – Agenzia delle entrate, INPS, INAIL e Agente della riscossione – per i quali si stabilisce una sensibile riduzione (rispetto a quanto era inizialmente previsto nel Codice della Crisi) delle soglie di rilevanza dei valori che portano alla loro attivazione.

     

    A testimoniare una particolare attenzione rivolta al tema della tutela dei lavoratori di cui alla Direttiva Insolvency, è stato inserito un obbligo di consultazione sindacale in capo al datore di lavoro che occupi più di quindici dipendenti e che intenda adottare le misure previste nell’ambito di un quadro di ristrutturazione preventiva.

     

    Nel Titolo II del Codice della Crisi, rubricato “Composizione negoziata della crisi, piattaforma unica nazionale, concordato semplificato e segnalazioni per la anticipata emersione della crisi”, la disciplina della composizione negoziata, come anticipato, sostituisce le procedure di allerta e di composizione assistita introducendo strumenti di segnalazione dei creditori qualificati e comunicazione da parte degli istituti di credito.

     

    Rilevanti sono le modifiche apportate alla disciplina del concordato preventivo in continuità aziendale. Tra le altre, sono previste:

     

    (i) la semplificazione della fase di ammissione;

     

    (ii) la modifica delle regole di distribuzione dell’attivo con una doppia regola distributiva a seconda della natura delle risorse distribuite;

     

    (iii) l’obbligatorietà della formazione delle classi anche per i creditori privilegiati (con la sola eccezione di quelli pagati integralmente, in denaro ed entro centottanta giorni dall’omologazione purché la garanzia che assiste il credito ipotecario o pignoratizio resti ferma fino alla liquidazione del bene o del diritto sul quale sussiste la causa di prelazione);

     

    (iv) l’eliminazione del termine massimo di due anni dall’omologazione per la moratoria;

     

    (v) l’indicazione espressa delle parti interessate e non interessate dal piano, individualmente o per categorie di debiti;

     

    (vi) l’affiancamento del commissario giudiziale al debitore e ai creditori nella negoziazione del piano, quando richiesto o in caso di concessione di misure protettive sul patrimonio dell’impresa;

     

    (vii) il requisito dell’unanimità delle classi per l’approvazione della proposta e del piano. La classe è consenziente se vota favorevolmente la maggioranza dei crediti nella stessa rappresentati; in mancanza, è ritenuta consenziente anche la classe nella quale hanno votato favorevolmente i due terzi dei crediti votanti, purché abbia votato almeno la metà dei crediti della classe. In caso di dissenso di una o più classi, sarà consentito al debitore chiedere comunque l’omologazione quando ricorrano congiuntamente le condizioni di cui all’art. 112 comma 2, ossia: a) il valore di liquidazione è distribuito nel rispetto della graduazione delle cause legittime di prelazione, b) il valore eccedente quello di liquidazione è distribuito in modo tale che i crediti inclusi nelle classi dissenzienti ricevano complessivamente un trattamento almeno pari a quello delle classi dello stesso grado e più favorevole rispetto a quello delle classi di grado inferiore, c) nessun creditore riceve più dell’importo del proprio credito, d) la proposta è approvata dalla maggioranza delle classi, purché almeno una sia formata da creditori titolari di diritti di prelazione, oppure, in mancanza, la proposta è approvata da almeno una classe di creditori che sarebbero almeno parzialmente soddisfatti rispettando la graduazione delle cause legittime di prelazione anche sul valore eccedente quello di liquidazione;

     

    (viii) l’omologazione del concordato quando, secondo la proposta e il piano, il credito risulti soddisfatto in misura non inferiore rispetto alla liquidazione giudiziale, anche quando un creditore dissenziente eccepisca il difetto di convenienza della proposta;

     

    (ix) un termine massimo di dodici mesi per l’omologazione decorrente dalla presentazione della domanda di un quadro di ristrutturazione preventiva;

     

    (x) la sospensione del diritto di recesso dei soci fino all’attuazione del piano quando esso preveda il compimento, durante la procedura oppure dopo la sua omologazione, di operazioni di trasformazione, fusione o scissione della società debitrice.

     

    È stato poi introdotto il piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione (PRO, cioè un quadro di ristrutturazione che può prescindere dal principio della distribuzione secondo par condicio creditorum ma verrà omologato solo se approvato da tutte le parti interessate in ciascuna classe di voto) ed è stata innovata la disciplina dell’esdebitazione (si prevede che vengano meno le cause di ineleggibilità e decadenza collegate all’apertura della liquidazione giudiziale).

     

     

    s.rossi@macchi-gangemi.com
    g.bonfante@macchi-gangemi.com

     

     

     

    IL LANCIO DI PICASSO NELLA CRYPTO ART?

     

    All’inizio di quest’anno, la nipote di Pablo Picasso, Marina, e suo figlio Florian, un DJ e produttore musicale, hanno annunciato che avrebbero realizzato più di 1.000 NFT basandosi su un’opera esclusiva del famoso artista: una grande ciotola di ceramica scolpita nel 1958 che, fino ad ora, nessuno al di fuori della famiglia aveva conosciuto o addirittura visto. Il pronipote del maestro cubista, ha tentato di ribattezzare il progetto “Man and the Beat” come una vendita del proprio NFT originale, nonostante abbia originariamente promosso le opere digitali come la prima incursione di Pablo Picasso nel mondo della crypto art.

     

    “Visage de Couleur”, la prima release del progetto di Florian e Marina, con cinque NFT offerti in un’edizione di 200 pezzi ciascuno, è stata rilasciata al prezzo unitario di 2,0 Ether (circa 6.200 dollari) attraverso un sito web dedicato in data 1° febbraio, alle 18:30 ET. Le altre due opere della vendita intitolate “Visage de Demain” e “Visage de Lumière” sono state entrambe rilasciate su Nifty Gateway il 3 febbraio, con aste a partire dalle ore 18:30 ET. “Visage de Demain” è un NFT unico, mentre “Visage de Lumière” presenta complessivamente 10 edizioni, battute all’asta in 24 ore. I 10 vincitori hanno corrisposto tra i 4.000 e i 5.655 dollari ciascuno per “Visage de Lumière”, mentre “Visage de Demain” ha raggiunto il tetto dei 41.500 dollari. Una parte dei proventi è stata donata all’associazione benefica “Nurse Heroes” e all’organizzazione non governativa incentrata sul clima “Carbon180”.

     

    Nonostante gli scopi benefici alla base dell’ambizioso progetto, sembra che gli eredi abbiano annunciato la “nuova” opera d’arte di Picasso prima di confrontarsi con gli altri soggetti che vantano diritti sulle opere dell’artista. L’Estate di Picasso ha infatti respinto con veemenza il progetto, il che significa che qualsiasi NFT creato a nome di Pablo Picasso costituisce tecnicamente una contraffazione, come confermato da una dichiarazione sul sito web dell’Estate dove si legge: “La signora Marina Ruiz-Picasso, il signor Florian Picasso, l’amministratore della Tenuta Picasso, il signor Claude Ruiz-Picasso, così come l’Amministrazione Picasso, desiderano sottolineare che, ad oggi, non esiste alcun NFT “Picasso” autorizzato dall’Amministrazione Picasso, essendo i NFT del signor Florian Picasso, e degli artisti con cui collabora, una loro creazione, indipendentemente da qualsiasi rivendicazione in riferimento a Pablo Picasso e alle sue opere. L’informazione data dai media che gli eredi di Picasso sono entrati nel mercato dei NFT di Pablo Picasso è quindi totalmente errata“.

     

    In risposta a quanto sopra, Marina e Florian Picasso hanno rilasciato una dichiarazione in cui rivendicano l’affiliazione esclusiva per il progetto di crypto art, confermando quindi che l’opera deve essere considerata come un “Florian Picasso NFT”, incarnando “la collezione all’origine di una nostra ambizione a lungo termine“.

     

    Se da un lato il progetto si è liberato di ogni pretesa affiliazione con l’artista Picasso e gli esiti delle relative vendite sembrano essersi dimostrati poco entusiasmanti, ci potrebbe essere ancora una ragione per investire in un Florian Picasso NFT: infatti, una delle attrazioni più significative di questa specifica vendita sarebbe consistita in un’asta, ospitata da Sotheby’s New York, della ciotola di ceramica che ha ispirato il progetto di crypto art. La famosa casa d’aste, tuttavia, ha negato qualsiasi coinvolgimento con l’aspetto NFT della vendita, chiarendo espressamente tramite dichiarazioni stampa che non venderà alcun NFT di un’opera di Pablo Picasso.

     

    La crypto art rappresenta la perfetta combinazione di creatività, tecnologia e sicurezza, in quanto comprende tutte le forme d’arte che coinvolgono la digitalizzazione di un’opera fisica o la creazione di una nuova opera sin dall’origine. Il segreto del successo sembra risiedere nel fatto che la tecnologia NFT è considerata come un nuovo modo per gli artisti di certificare in modo sicuro l’autenticità delle opere e garantire il diritto di proprietà per gli acquirenti, in un mondo in cui il rischio di riproduzione e distribuzione non autorizzata delle opere via Internet è una tendenza in continua ascesa. Questa nuova frontiera nel mondo dell’arte sta chiaramente sconvolgendo i classici standard di fruizione: la firma dell’artista e il certificato di autenticità sono stati adattati alle nuove esigenze imposte dal mercato digitale, mentre le transazioni di vendita si sono spostate su piattaforme speciali dove le criptovalute vengono concepite come unica merce di scambio.

     

    Nel frattempo, Florian Picasso ha ancora intenzione di vendere i propri NFT su Origin Protocol in futuro.

     

    Non ci resta, dunque, che attendere quale sarà la prossima creazione nel mondo della crypto art.

     

     

    m.baccarelli@macchi-gangemi.com
    m.lonero@macchi-gangemi.com

     

     

     

    MANCATA ADOZIONE DI UN REGOLAMENTO SULL’UTILIZZO DEGLI STRUMENTI INFORMATICI: IL GARANTE SANZIONA UN’AZIENDA.

     

    L’Autorità Garante per la protezione dei dati personali ha sanzionato una società per violazione del principio di correttezza del trattamento e per aver, quindi, trattato dati personali dei propri dipendenti in modo illecito.

     

    L’attività del Garante prende avvio da un reclamo presentato da un lavoratore a seguito della mancata cancellazione dell’account di posta elettronica aziendale derivante della cessazione del rapporto di lavoro, nonché dal diniego di attribuzione al lavoratore del numero di telefono aziendale (che, prima dell’assunzione era quello privato del lavoratore). La società, inoltre, ha intentato causa al lavoratore fornendo ai propri legali anche le conversazioni private tra il lavoratore e la moglie (presenti sul cellulare).

     

    Tra le difese svolte, la Società ha dichiarato che il reclamante, ex Amministratore Delegato, era perfettamente a conoscenza della policy aziendale che doveva essere adottata e che si rifiutava di firmare il regolamento (approvato comunque dopo il licenziamento).

     

    Il Garante ha stabilito che alcune operazioni di trattamento non risultano conformi al regolamento generale sulla protezione dei dati personali 2016/679 (c.d. GDPR). In particolare, con riferimento ai controlli effettuati sul pc aziendale del lavoratore, il Garante ha confermato che tali controlli sono stati eseguiti in assenza di un regolamento aziendale che informasse i dipendenti dei possibili controlli, nonché di adeguata informativa.

     

    A nulla rilevano la successiva adozione del regolamento e la circostanza che fosse proprio il reclamante a dover approvare tali documenti la diligente adozione di un regolamento aziendale sull’utilizzo degli strumenti informatici, infatti, ricade sulla società quale titolare del trattamento.

     

    In conclusione, quindi, il Garante ha sanzionato la società per il trattamento dei dati effettuati sul pc aziendale in mancanza di adeguata informativa e di un regolamento in materia di strumenti elettronici, quantificando la sanzione in 10.000 euro.

     

    Il regolamento sull’utilizzo degli strumenti informatici è uno strumento fondamentale in ogni azienda, in particolare per quelle che concedono in uso dispositivi informatici mobili ai propri lavoratori. È necessario che tale documento sia sempre aggiornato e rispettato, perché, come si è visto, anche una minima violazione può comportare una sanzione e soprattutto perdite reputazionali derivanti dalla pubblicazione del provvedimento (il nome della società è su tutti i motori di ricerca). L’adozione del regolamento dovrà poi essere accompagnata da idonea informativa ai dipendenti.

     

     

    r.demarco@macchi-gangemi.com
    f.montanari@macchi-gangemi.com

     

     

     

    IL PERIODO D’IMPOSTA 2015 È ANCORA ACCERTABILE DALL’AMMINISTRAZIONE FINANZIARIA?

     

    I termini di accertamento fiscale per l’annualità 2015 sono finalmente scaduti, anche considerando la normativa emergenziale Covid-19, e ciò anche nel caso in cui il contribuente non abbia presentato la dichiarazione dei redditi.

     

    Come noto, per i periodi d’imposta fino al 2015 il termine ordinario di decadenza per l’invio dell’avviso di accertamento è quello del 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione dei redditi, o del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata, fatto salvo il raddoppio dei termini per fattispecie penalmente rilevanti.

     

    Pertanto, ove il contribuente abbia presentato la dichiarazione dei redditi, il termine di accertamento per l’annualità 2015 sarebbe scaduto il 31 dicembre 2020. Tuttavia, per effetto di quanto disposto dall’articolo 157 del D.L. 34/20 (c.d. “Decreto Rilancio”) – che prevedeva per gli atti impositivi in scadenza tra l’8 marzo ed il 31 dicembre 2020 la notificazione nel periodo compreso tra il 1 marzo 2021 ed il 28 febbraio 2022 – l’atto di accertamento, che doveva essere emesso entro tale data, poteva essere utilmente notificato entro il 28 febbraio 2022.

     

    Ove invece il contribuente non abbia presentato la dichiarazione dei redditi, per effetto di quanto previsto dall’art. 67, comma 1, del D.L n. 18 del 2020 (il c.d. “Decreto Cura Italia”) – che aveva stabilito la sospensione dei termini per il controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria dall’8 marzo al 31 maggio 2020 – i termini ordinari di decadenza per l’invio dell’avviso di accertamento sono stati prorogati di 85 giorni, dal 31 dicembre 2021 al 26 marzo 2022. La data del 31 dicembre 2021 – termine naturale di decadenza dell’accertamento – per effetto della sospensione disposta dal Decreto Cura Italia è posposto di 85 giorni.

     

    Tale norma ha valenza generale e, come chiarito anche dall’Agenzia delle Entrate durante il consueto appuntamento di inizio anno con gli operatori del settore (Telefisco 2022) – determina una proroga di 85 giorni dei termini di accertamento dei tributi periodici per tutte le annualità i cui termini risultano pendenti lungo l’arco temporale compreso tra l’8 marzo 2020 e il 31 maggio 2020. In altre parole, lo slittamento di 85 giorni vale anche per i periodi successivi al 2015 fino all’annualità 2018. Per tali annualità lo “stop” ai controlli tra l’8 marzo 2020 e il 31 maggio 2020 si riflette anche sui termini di decadenza per l’eventuale contestazione dell’abuso del diritto. Va infatti ricordato che in base alla norma sull’abuso del diritto (articolo 10-bis della Legge n. 212 del 2000) la richiesta di chiarimenti deve essere inoltrata dall’Amministrazione finanziaria al contribuente entro il termine di decadenza per la notifica dell’atto impositivo.

     

    In conclusione, per il periodo d’imposta 2015 il termine di decadenza per l’invio dell’avviso di accertamento ad oggi è definitamente scaduto anche alla luce della normativa emanata per fronteggiare l’emergenza da Covid-19. Per le annualità fino al 2018 le scadenze previste al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione, o del settimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata, sono prorogate di 85 giorni.

     

     

    g.sforzini@macchi-gangemi.com

     

     

    DISCLAIMER: Questa newsletter fornisce solo informazioni generali e non costituisce una consulenza legale da parte di Macchi di Cellere Gangemi. L’autore dell’articolo o il vostro contatto in studio sono a Vostra disposizione per qualsiasi ulteriore chiarimento.

     

     

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