In tema di accertamento analitico-induttivo, è legittimo il recupero dell’Agenzia delle Entrate per omessa fatturazione e contabilizzazione di ricavi per la concessione in uso di spazi commerciali in cambio di un canone (quasi) gratuito, trattandosi di operazione antieconomica posta in essere tra società del medesimo gruppo aventi sede in Italia: lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 10422 del 19 aprile 2023.
La controversia oggetto del giudizio della Corte di Cassazione nasce da una verifica dell’Amministrazione finanziaria nei confronti di una società residente ai fini fiscali in Italia, al cui esito era emerso, tra l’altro, che la stessa società aveva concesso uno spazio espositivo ad un’altra società residente del gruppo (avente la medesima compagine sociale e il medesimo amministratore) ad un canone ritenuto “quasi” gratuito.
Alla verifica seguiva un accertamento analitico-induttivo da parte dell’Agenzia delle Entrate che dava luogo ad una ripresa a tassazione sulla base dei criteri di “antieconomicità” previsti dall’art. 9 del d.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR).
L’avviso di accertamento veniva impugnato dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Pavia che accoglieva parzialmente il ricorso della società. Seguiva il giudizio d’appello dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia con esito negativo per la società.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10422 del 19 aprile 2023, conferma l’orientamento della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia chiarendo che: “In tema di accertamento analitico-induttivo ex art. 39 comma 1 lett. d) d.P.R. n. 600 del 1973, ai fini della determinazione del reddito di impresa per omessa contabilizzazione di ricavi e IVA relativa ad operazione commerciale posta in essere tra società del medesimo gruppo aventi sede in Italia, ai fini del valore da attribuire a una prestazione di servizi, lo scostamento dal valore normale del canone di affitto di cui all’art. 9 del TUIR può assumere rilievo quale parametro meramente indiziario dell’antieconomicità manifesta e macroscopica dell’operazione posta in essere, (…) sì da giustificare l’accertamento con conseguente prova contraria a carico del contribuente (…)”.
Ne deriva che i criteri di transfer pricing, seppur non applicabili meccanicamente, potranno essere utilizzati dall’Agenzia delle Entrate per sindacare le scelte economiche dei contribuenti nell’ambito delle proprie operazioni domestiche. È l’inizio di una rivoluzione?
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