LA SENTENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELL’UNIONE EUROPEA NELLA CAUSA C-333/2021, SUPERLEGA EUROPEA CONTRO UEFA E FIFA.

Secondo la maggior parte dei resoconti della stampa, la “Sentenza Superlega” della Corte di Giustizia ha rappresentato una sconfitta per FIFA e la UEFA. Il presente articolo riconsidera tali conclusioni alla luce di un esame più attento della motivazione della sentenza.

Il 21 dicembre 2023, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (“CGUE”) ha emesso la sua, attesa, sentenza nella causa C-333/21. La sentenza giunge a seguito di una richiesta di rinvio da parte del Tribunale commerciale di Madrid, ai sensi dell’articolo 267 TFUE. Tale disposizione del Trattato istituisce un sistema di cooperazione tra la Corte di giustizia e le giurisdizioni nazionali, in base al quale la CGUE fornisce al giudice nazionale l’interpretazione delle disposizioni del trattato di cui questi ha bisogno per risolvere una controversia di cui è investito.

Le questioni pregiudiziali vertevano sulla compatibilità di talune norme statutarie dell’UEFA e della FIFA in base alle quali le due federazioni sportive si erano riservate il diritto di approvare qualsiasi competizione tra club concorrente che si sarebbe svolta in Europa. Tali disposizioni prevedevano l’imposizione di severe sanzioni nei confronti dei club o dei calciatori che avessero partecipato a tali competizioni non autorizzate, comportanti l’esclusione da tutti i tornei UEFA e FIFA nonché dai tornei nazionali organizzati dalle federazioni e leghe nazionali (come Serie A, Bundesliga, La Liga, Premier League) le quali sono a loro volta membri della UEFA.

Come molti ricorderanno, nell’aprile 2021, sulla base di tali disposizioni statutarie, la UEFA emanava un comunicato nel quale dichiarava pubblicamente il suo rifiuto di concedere la propria approvazione alla Superlega, un progetto per un nuovo torneo calcistico internazionale al quale avevano aderito diversi prestigiosi club europei. In ragione di ciò molti club, scoraggiati dalle sanzioni minacciate e dall’opposizione al progetto Superlega da parte dei governi nazionali, si ritiravano dal progetto, che veniva quindi di fatto accantonato. Tuttavia, la ‘ESLC, la società costituita per la gestione della Superlega adiva il Tribunale Commerciale di Madrid sostenendo, sulla base del diritto della concorrenza dell’Unione, l’illegittimità di tali disposizioni e, più in generale, del comportamento adottato dalla UEFA.

Il Tribunale spagnolo, nell’emettere un provvedimento inibitorio, favorevole alla Superlega, rinviava alla Corte di giustizia una serie di questioni che riguardavano la compatibilità, con gli articoli 101 e 102 TFUE, delle norme statutarie FIFA e UEFA sull’approvazione preventiva dei tornei concorrenti.

Nella sua sentenza, la Grande Sezione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, in parziale disaccordo con le conclusioni dell’Avvocato Generale Athanasios Rantos, depositate il 15 dicembre 2022, ha dichiarato che le disposizioni statutarie dell’UEFA e della FIFA in materia di autorizzazione preventiva, nella loro versione corrente, violavano le norme antitrust dell’UE in materia di abuso di posizione dominante (articolo 102 TFUE) e costituivano una “decisione di un’associazione di imprese” anticoncorrenziale per oggetto, in contrasto con l’articolo 101 TFUE.

La sentenza è molto articolata e complessa e – a parere di chi scrive – deve essere esaminata nella sua interezza al fine di trarre alcune conclusioni sulle sue possibili implicazioni.

La CGUE rilevava la circostanza che FIFA e la UEFA organizzazioni responsabili del calcio a livello mondiale ed europeo, allo stesso tempo, esercitano varie attività economiche connesse all’organizzazione delle competizioni. Come detto, le disposizioni controverse subordinavano all’approvazione della FIFA e della UEFA lo svolgimento, sul territorio dell’Unione, di nuove competizioni tra club calcistici. Al proposito la CGUE osservava che tali norme erano state adottate “in assenza di un quadro che preveda criteri sostanziali e procedure trasparenti, oggettivi, precisi, non discriminatori e proporzionati“. In mancanza di un tale quadro, è impossibile verificare, caso per caso, “se la loro attuazione sia giustificata e proporzionata alla luce delle caratteristiche specifiche del progetto interclub internazionale in questione“. Di fatto, UEFA e FIFA godevano di un totale margine di discrezionalità nel controllare e negare l’accesso al mercato a terzi, rendendo così impossibile per qualsiasi potenziale concorrente la creazione di un ecosistema funzionante al di fuori della loro organizzazione.

La CGUE, pertanto, riteneva che UEFA e FIFA, tramite il sistema che avevano adottato, di preventiva autorizzazione delle competizioni concorrenti, avessero abusato della loro posizione dominante sul mercato dell’organizzazione di competizioni tra club in Europa, al tempo stesso ponendo in essere una restrizione della concorrenza per oggetto, violando gli articoli 102 e 101 TFUE.

Tuttavia, al medesimo tempo, la CGUE chiariva che la mera presenza di un insieme di disposizioni che disciplinano la previa approvazione di tornei concorrenti non è, di per sé, contraria alle disposizioni antitrust e che né la loro adozione né la loro attuazione possono essere qualificate, in linea di principio, come abuso di posizione dominante. Lo stesso vale per le disposizioni sanzionatorie che garantiscono l’efficacia di tali norme.

Nell’affermare quanto sopra, la CGUE faceva riferimento alle caratteristiche specifiche del calcio, alla sua importanza sociale e culturale nell’Unione europea e al grande interesse mediatico che esso suscita. Il calcio è infatti organizzato a livello europeo e nazionale attraverso competizioni a cui partecipano diversi e un grande numero di calciatori. Esse si svolgono attraverso partite tra squadre con graduale eliminazione, e sono quindi fondate secondo il criterio del merito sportivo. Tale meccanismo di merito su cui si basano le competizioni può essere a sua volta garantito solo se “tutte le squadre partecipanti si affrontano sulla base di norme regolamentari e tecniche omogenee, assicurando così un certo livello di pari opportunità“.

La CGUE riconosce espressamente, nella sentenza Superleague, che è legittimo che l’UEFA assoggetti l’organizzazione e lo svolgimento delle competizioni internazionali di calcio professionistico a norme comuni volte a garantire l’omogeneità e il coordinamento di tali competizioni nell’ambito di un intero calendario delle partite. Tali regole comuni possono, altresì, essere emanate nell’ambito di norme adottate dalla FIFA e dalla UEFA per l’approvazione preventiva di tali competizioni, le quali riguardino anche la partecipazione di club e giocatori a tali competizioni (v. punto 144 della sentenza).

Occorre al proposito ricordare che, come aveva descritto l’Avvocato Generale nelle sue conclusioni, la Superlega si basava su un modello di governance che non contemplava necessariamente il criterio del merito sportivo, in quanto prevedevano la partecipazione predeterminata di un numero fisso di club sulla base del pagamento di una quota d’ingresso. Tale modalità corrispondeva ad un sistema di tipo “nordamericano” di campionati chiusi. L’Avvocato generale aveva altresì rilevato che i fondatori della Superlega intendevano istituire un torneo concorrente nel segmento più redditizio del mercato, quello della consolidata UEFA Champions League, pur continuando a far parte dell’ecosistema UEFA attraverso la partecipazione a solo alcune delle competizioni UEFA, tra cui i campionati nazionali. In altre parole, tali club volevano “da un lato beneficiare dei diritti e dei vantaggi legati all’appartenenza alla UEFA, senza tuttavia essere vincolati dalle regole e dagli obblighi della UEFA“. Un tale sistema di free riding o di “doppia appartenenza” è suscettibile di influenzare e indebolire il modello economico UEFA basato sulla solidarietà e, in ultima analisi, l’applicazione dei valori del modello europeo di sport nell’organizzazione del calcio in Europa.

E’ possibile concludere al termine di tale sintetica analisi, che la UEFA e la FIFA sono ancora legittimate a svolgere il loro ruolo di autorità di regolamentazione del calcio europeo e intraprendere, entro i paletti fissati dal diritto dell’Unione, azioni volte a perseguire gli obiettivi e i valori sanciti dal cosiddetto modello sportivo europeo di cui all’articolo 165 TFUE. In particolare, per utilizzare le parole della CGUE, potranno continuare a “promuovere in modo adeguato ed efficace lo svolgimento di competizioni sportive basate sulle pari opportunità e sul merito”. Le due organizzazioni saranno altresì legittimate ad adottare misure normative adeguate, ivi incluse proprio le regole in tema di approvazione preventiva di nuove competizioni, dei concorsi, volte a garantire la tutela di tali valori, in presenza di un rischio di indebolimento o minaccia per il modello sportivo europeo.

Al tempo stesso, la sentenza chiarisce che le due organizzazioni che governano il calcio a livello mondiale ed europeo non godono di una discrezionalità illimitata nell’esercizio del loro potere regolamentare e, in particolare, non possono discrezionalmente, ed in assenza di motivazioni valide, negare l’accesso al mercato ai loro concorrenti. UEFA e FIFA saranno tenute a creare un quadro di regole trasparenti e predefinite, nel rispetto dei principi di trasparenza, non discriminazione e proporzionalità, in coerenza con la regolamentazione che deve caratterizzare qualsiasi attività economica nell’UE, ivi compreso lo sport professionistico.

Va infine rilevato che la UEFA ha recentemente aggiornato le proprie regole sulla pre-autorizzazione di nuovi tornei, anche se tali regole non sono state finora applicate nella pratica.

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