In data 18 maggio 2023, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha emesso la tanto attesa decisione all’esito della causa Andy Warhol Foundation for the Visual Arts v. Goldsmith, stabilendo che lo scopo ed il carattere dell’uso posto in essere dalla Andy Warhol Foundation (“AWF”) di una fotografia coperta da diritti d’autore ritraente la rockstar Prince fossero idonei ad escludere l’applicazione della scriminante del “Fair Use”.
Nel 1981, Lynn Goldsmith ha scattato una serie di fotografie che ritraevano l’artista Prince. Goldsmith ha concesso in licenza una delle foto a Vanity Fair come “riferimento dell’artista” per un’illustrazione da inserire all’interno di un numero in uscita della rivista. Vanity Fair ha quindi ingaggiato l’artista Andy Warhol per creare un ritratto in serigrafia basato sulla foto, che Vanity Fair ha successivamente pubblicato in un articolo su Prince. All’insaputa di Goldsmith, Warhol ha altresì dato vita ad una serie di opere derivate basate su detta fotografia, intitolata “Prince Series”, la maggior parte delle quali sono state vendute a collezionisti, mentre quattro di esse sono ora custodite presso l’Andy Warhol Museum di Pittsburgh.
Dopo la morte di Prince, avvenuta nel 2016, l’AWF ha concesso a Condé Nast una licenza d’uso della serigrafia “Orange Prince” per un numero della rivista in memoria dell’artista, a fronte di un compenso di 10.000 dollari per la licenza, mentre Goldsmith non ha ricevuto alcun compenso per l’utilizzo della propria opera originale. La fotografa ha dunque preso contatti con l‘AWF ritenendo che la stampa violasse i propri diritti d’autore sull’immagine originale.
L’AWF ha successivamente incardinato un procedimento nei confronti di Goldsmith, avente ad oggetto l’accertamento negativo della violazione dei diritti d’autore della fotografa o, in subordine, una declaratoria che accertasse come l’utilizzo della serigrafia arancione costituisse un’ipotesi di “fair use” ai sensi della legge d’autore, secondo cui sono quattro i fattori rilevanti per stabilire se l’uso di un’opera protetta da copyright sia da ritenersi “fair”:
(1) lo scopo e il carattere dell’uso,
(2) la natura dell’opera protetta dal diritto d’autore,
(3) la quantità e l’importanza della parte utilizzata rispetto all’opera protetta dal diritto d’autore nel suo complesso e
(4) l’effetto dell’uso sul mercato potenziale o sul valore dell’opera protetta dal diritto d’autore. 17 USC. § 107.
Le argomentazioni dell’AWF sono state accolte dalla Corte Distrettuale, ma il Second Circuit ha riformato la sentenza di prime cure, concludendo che la Serie Prince non fosse da qualificarsi né alla stregua di una rielaborazione né di un “fair use” ai sensi della legge d’autore. In tale contesto, l’AWF ha presentato ricorso dinanzi alla Corte Suprema, la quale ha confermato in via definitiva la decisione resa in grado di appello.
La Corte, in particolare, ha osservato che il primo fattore non tutela il successivo “utilizzo di un’opera originale per raggiungere uno scopo identico o altamente simile rispetto a quello dell’opera originale“. Quando l’opera successiva “sostituisce” o “soppianta” l’opera originale, detto fattore depone a sfavore dell’applicazione della scriminante del “fair use”. Allo stesso modo, “un commento o una critica rivolta a un’opera originale può costituire motivo convincente per… ispirarsi ad essa“. Ciò non è vero, invece, quando “un’opera originale e un uso successivo della stessa condividono gli stessi scopi o scopi molto simili“, soprattutto quando “l’uso successivo è di natura commerciale“.
Applicando tale approccio, la Corte ha stabilito che il successivo sfruttamento da parte dell’AWF era “sostanzialmente identico rispetto a quello della fotografia di Goldsmith“, un uso che “condivideva gli obiettivi seguiti dalla fotografia di Goldsmith, anche se i due lavori non erano perfetti sostituti“. Alla luce della “natura commerciale” dell’uso posto in essere da parte di Warhol, la Corte ha concluso che il “carattere” dell’uso di Warhol osta all’applicazione della scriminante del “fair use” nel caso di specie.
Basandosi su precedenti giurisprudenziali in cui si è sostenuto che il fattore “scopo e carattere dell’uso” si basa sul fatto che l’uso del copiatore “aggiunge qualcosa di nuovo, con uno scopo ulteriore o un carattere diverso, alterando” l’opera protetta da copyright “con una nuova espressione, un nuovo significato o un nuovo messaggio” (Google LLC v. Oracle Am., Inc., 141 S. Ct. 1183, 1203 (2021) il giudice Kagan, sostenuto dal Presidente della Corte Suprema Roberts, ha espresso forte dissenso osservando come la serigrafia di Prince di Warhol avesse alterato “drasticamente” la fotografia di Goldsmith e che la maggioranza della Corte avesse erroneamente focalizzato l’attenzione, in maniera esclusiva, sullo scopo commerciale dell’opera. Tale approccio, ha concluso Kagan, “soffocherà la creatività di ogni genere. Ostacolerà la nuova arte, la musica e la letteratura. Ostacolerà l’espressione di nuove idee e il raggiungimento di nuove conoscenze. E renderà il nostro mondo più povero“.
La maggioranza della Corte ha respinto le argomentazioni di cui sopra, ritenendo che la mera aggiunta di “qualche nuova espressione, significato o messaggio” non sia sufficiente a far pendere la bilancia in favore dell’applicazione della scriminante del “fair use”. Se ciò fosse sufficiente, si metterebbe a serio rischio il diritto esclusivo del titolare allo sfruttamento di opere derivate rispetto all’opera originale.
Riassumendo la decisione nelle parole della Corte: “Se un’opera originale e un uso successivo condividono gli stessi scopi o scopi molto simili, e l’uso successivo è di natura commerciale, è probabile che il primo fattore osti all’applicazione del fair use, in assenza di altre giustificazioni per la ripresa dell’opera originale“.
La sentenza è stata accolta con favore dai titolari di diritti d’autore, in quanto affidabile precedente contro l’estensione dell’esimente di cui al “fair use” nelle ipotesi di rivendicazioni di un uso “trasformativo” dell’opera originale. Tuttavia, concentrandosi sulla licenza concessa da AWF a Condé Nast, piuttosto che sulla creazione da parte di Andy Warhol della serigrafia arancione di Prince, la Corte ha negato di chiarire in merito all’importante quesito sul se e in che misura l’opera d’arte di Warhol fosse da ritenersi una rielaborazione della fotografia di Goldsmith.
D’altro canto, la decisione ha fornito un’utile guida, affermando che il “nuovo significato o messaggio” deve essere disatteso nel contesto della valutazione sulla sussistenza o meno del su menzionato primo fattore, in quanto l’indagine sul carattere “trasformativo” dell’uso risulta esser di difficile applicazione omogenea in tutte le fattispecie e, allo stesso, tempo presta il fianco a fenomeni contraffattivi su scala così ampia da sovvertire gli scopi stessi della legge d’autore.
Infine, la Corte sembra stabilire un nuovo standard – richiedendo una “giustificazione convincente” quando l’utilizzo originale e quelli successivi condividono scopo e carattere strettamente simili – fornendo poche indicazioni, tuttavia, sull’interpretazione giuridica dello stesso.
Data l’importanza di questa decisione, resta da chiedersi se la successiva applicazione di tali principi sarà d’ausilio per raggiungere efficacemente quel “bilanciamento tra creatività e disponibilità” auspicato dalla Corte Suprema nel caso di specie.