L’AGENZIA DELLE ENTRATE RIVEDE LA QUALIFICAZIONE DEI COMPENSI REVERSIBILI DEGLI AMMINISTRATORI AI FINI DELLE CONVENZIONI PER EVITARE LE DOPPIE IMPOSIZIONI.

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Con la risposta a istanza di interpello 330 del 22 maggio scorso l’Agenzia delle Entrate ha affermato che i compensi reversibili pagati da una società italiana al suo amministratore con obbligo di riversamento a favore di altra società del gruppo non residente in Italia ricadono nell’ambito di applicazione dell’art. 7 del Modello OCSE, con la conseguenza che in assenza di stabile organizzazione in Italia della società beneficiaria, tali compensi non sono imponibili in Italia.

Si tratta di una presa di posizione importante in quanto nell’ultimo precedente pubblicato (risposta 167 del 28 maggio 2019), l’Agenzia delle Entrate – pur avendo escluso l’imponibilità dei compensi reversibili in capo alla persona fisica (per mancanza del presupposto del possesso del reddito) – aveva tuttavia ritenuto legittimo l’assoggettamento ad imposta da parte dello stato della fonte (Spagna) in forza dell’art. 16 del Modello OCSE dedicato ai compensi degli amministratori.

Nel caso oggetto della risposta 330, invece, lo stato della fonte è l’Italia. Una società italiana ha un amministratore che è un dipendente di una società consociata residente nella UE e il compenso per l’incarico di amministratore viene pagato direttamente alla società UE.

L’Agenzia delle Entrate conclude nel senso che (i) il compenso è deducibile per competenza (e non per cassa come previsto per i normali compensi amministratori), essendo considerato di fatto una spesa per prestazione di servizi e (ii) dal punto di vista delle convenzioni per evitare le doppie imposizioni, nell’interpretazione italiana, non deve essere sussunto sotto l’art. 16 del Modello OCSE, bensì sotto l’art. 7. Con la conseguenza che in assenza di stabile organizzazione in Italia della società non residente beneficiaria del pagamento il compenso non risulta imponibile in Italia.

Si fa presente che questa soluzione è soltanto apparentemente contradditoria rispetto a quella adottata nella risposta 167 del 2019. In quel caso, infatti, l’Italia si è limitata a riconoscere che l’assoggettamento a ritenuta in Spagna, ai sensi dell’art. 16, non poteva essere considerato in violazione della convenzione stessa, con conseguente obbligo dell’Italia di concedere il credito di imposta. Tale soluzione risulta anche in linea con il paragrafo 32.3 del Commentario all’art. 23 del Modello OCSE.

b.pizzoni@macchi-gangemi.com