“L’ANNO CHE VERRÀ”: LA PROPOSTA DI CORPORATE SUSTAINABILITY DUE DILIGENCE DIRECTIVE (CSDD), UNA “RIVOLUZIONE COPERNICANA” IN MATERIA DI GOVERNANCE.

Il 14 dicembre 2023, Consiglio e Parlamento Europeo hanno raggiunto un accordo provvisorio sul testo della direttiva relativa agli obblighi di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità delle loro attività. Gli obblighi sono parametrati in ragione dell’impatto negativo (effettivo e potenziale) delle attività aziendali sull’ambiente e sui diritti umani. In attesa dell’approvazione definitiva, le imprese possono iniziare a prepararsi?

Il 23 febbraio 2022 la Commissione ha presentato al Parlamento europeo e al Consiglio una proposta di direttiva relativa agli obblighi di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità delle loro attività. Quasi due anni dopo, il 14 dicembre 2023, Parlamento e Consiglio hanno raggiunto un accordo sul testo. Se, come probabile, il testo sarà approvato e formalmente adottato, la direttiva imporrà alle imprese di gestire in modo responsabile le conseguenze sui diritti umani e sull’ambiente originati dalle attività aziendali, delle loro filiali e, più in generale, dei partner e di coloro che fanno parte delle loro filiere.

Infatti, uno dei principali obiettivi della proposta di direttiva è “rispondere alle preoccupazioni dei consumatori che non vogliono acquistare prodotti realizzati con il ricorso al lavoro forzato o che distruggono l’ambiente” (Věra Jourová, vicepresidente della Commissione europea).

La proposta di direttiva CSDD prevede che le società, in ottemperanza al dovere di due diligence aziendale ivi imposto (cfr. art. 4), debbano:

(i) individuare gli impatti negativi (effettivi e potenziali) delle loro attività aziendali sui diritti umani e l’ambiente (cfr. art. 6);

(ii) adattare strategie aziendali finalizzate a prevenire, eliminare o mitigare i possibili impatti negativi (cfr. art 7);

(iii) minimizzare o, ove possibile, cessare le attività aziendali che abbiano un impatto negativi (cfr. art. 8);

(iv) instaurare un meccanismo di notifica e di reclamo non giudiziario (cfr. art 9). Più precisamente, gli Stati membri dovranno provvedere a che ciascuna società si doti di una sorta di sportello reclami interno all’azienda;

(v) monitorare e verificare l’efficacia delle azioni adottate in ossequio agli obblighi stabiliti dalla direttiva (cfr. art. 10);

(vi) comunicare al pubblico le informazioni riguardanti l’attività di diligenza che svolgono e consultare i portatori di interessi colpiti durante l’intera procedura (cfr. art. 11).

(vii) adottare modelli di business compatibili con l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1.5 °C (cfr. art. 15), in linea con le previsioni dell’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici.

Al fine di rendere effettivi tali obblighi la proposta di direttiva prevede che siano i singoli paesi membri ad individuare sia le sanzioni applicabili, in caso di violazione delle disposizioni nazionali che verranno adottate in attuazione della direttiva, sia l’autorità che sarà chiamata ad assicurare l’effettiva attuazione delle norme in esame (cfr. art. 18).

La proposta prevede altresì un regime di responsabilità civile per la società destinatarie della disciplina. Gli Stati membri dovranno garantire che i soggetti lesi ottengano un risarcimento dei danni cagionati dal mancato rispetto degli obblighi di diligenza sopra menzionati (cfr. art. 8, paragrafo 3, lettera a)).

Al fine di intercettare possibili fenomeni elusivi nelle filiere caratterizzate da catene di appalti, la proposta di direttiva pone una attenzione particolare anche al rapporto tra imprese committenti e partner commerciali.

Invero, ai sensi della CSDD le società dovranno integrare i predetti obblighi di sostenibilità in tutte le loro politiche aziendali e a tutti i livelli operativi, predisponendo a tal fine un codice di condotta, il cui rispetto dovrà estendersi anche ai rapporti d’affari consolidati. In altre parole, Il codice di condotta dovrà essere applicato a tutte le pertinenti funzioni e attività aziendali, comprese, dunque, le decisioni in materia di appalti (cfr. Considerando 28). In particolare, all’appaltatore sarà richiesto di conformarsi al codice di condotta della società committente e, se necessario, di dotarsi di un piano operativo volto a prevenirne possibili violazioni. Non è tutto: all’appaltatore potrà essere richiesto, a sua volta di imporre ai suoi partner commerciali garanzie equivalenti nella misura in cui le attività di questi ultimi rientrino nella catena del valore della società committente (c.d. sistema a cascata contrattuale, cfr. art 7, paragrafo 2, lettera b)).

In caso di violazione degli obblighi cui si è appena fatto riferimento, la proposta di direttiva prevede la sospensione o, nei casi più gravi, la cessazione del rapporto (cfr. art. 7, paragrafo 5). È opportuno specificare che, laddove le misure di verifica della conformità siano attuate nei confronti di una PMI, i costi della verifica di terzo indipendente saranno a carico della società committente (rientrante nell’ambito di applicazione della CSDD).

In particolare, l’ambito di applicazione della proposta di direttiva comprende le società di grandi dimensioni. Tre anni dopo l’entrata in vigore, la direttiva si applicherà anche alle società di paesi terzi con un fatturato netto superiore a determinate soglie generato nell’UE. Tuttavia, anche le imprese minori, apparentemente non interessate dalla stessa in via diretta, potrebbero essere coinvolte nelle procedure sopra esposte, ove siano parte della catena di approvvigionamento di società clienti o fornitori di maggiori dimensioni.

In conclusione, in attesa della approvazione definitiva della proposta di direttiva CSDD, le imprese possono iniziare a prepararsi adottando alcune azioni. Si pensi, ad esempio, alla mappatura dei rischi, al tracciamento della catena di fornitura cui esse partecipano, all’identificazione dei loro partner commerciali diretti e indiretti e, infine, all’individuazione di eventuali nuovi rischi attuali o potenziali per l’ambiente e/o per i diritti umani.

Prendendo le mosse da queste informazioni, le imprese potrebbero, già in questa fase, individuare alcune lacune e valutare possibili cambiamenti da implementare nei loro assetti organizzativi. In questo modo, le aziende potrebbe ridurre la complessità della compliance quando essa sarà effettivamente richiesta.

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