UNA SOLUZIONE AL CARO PREZZI DELL’ELETTRICITÀ. IL POWER PURCHASE AGREEMENT (PPA).
I PPA sono contratti a lungo medio-lungo termine che permettono di fissare i prezzi dell’elettricità e che garantiscono all’investitore condizioni di stabilità finanziaria per procedere all’investimento. In prospettiva, possono essere una soluzione al caro prezzi sul mercato energetico, e costituiscono uno strumento interessante, quando hanno ad oggetto la compravendita di elettricità “verde” per promuovere la diffusione delle energie rinnovabili.
La Commissione Europea nel 2021 ha approvato i contratti aziendali di acquisto di energia rinnovabile (PPA) come risposta all’aumento dei prezzi dell’energia, non soltanto per le grandi imprese ma anche per l’autoconsumo.
I principali vantaggi dei contratti PPA sono:
– il risparmio sui costi di investimento per la costruzione e manutenzione dell’impianto;
– uno strumento fondamentale per l’ottenimento dei finanziamenti bancari, grazie a un terzo che acquista per alcuni anni l’energia che sarà prodotta dall’impianto;
– l’accesso all’energia a prezzi competitivi;
– il consumo di elettricità a un prezzo stabile e/o prevedibile;
– una migliore pianificazione della struttura dei costi a lungo termine;
– la possibilità di prendere decisioni di investimento in base alla redditività in relazione al rischio;
– la garanzia di fornitura di energia rinnovabile;
– la possibilità di raggiungere obiettivi di sostenibilità aziendale e migliorare la reputazione del marchio.
Le grandi aziende europee cercano di compensare le loro emissioni in Europa con i certificati verdi ottenuti in progetti sul territorio attraverso i PPA virtuali (VPPA). Queste aziende non vanno alla ricerca di prezzi aggressivi. Il loro obiettivo è ottenere stabilità attraverso un prezzo fisso per il costo dell’energia a lungo termine.
Secondo un’analisi di EY Renewable Energy Country Attractiveness Survey, nel 2021 la Spagna con quasi 4 GW dei PPA firmati in Europa, ha rappresentato il 61% di tutti i PPA a lungo termine firmati nel continente, nettamente davanti al Regno Unito (3 GW), mentre nel resto dell’Europa ciascun paese non raggiunge 1 GW.
Il mercato dei PPA in Spagna è una storia di successo rispetto ad altri Paesi dell’Ue. In questo momento di incertezza, questo modello di contratti ha garantito al consumatore la stabilità dei prezzi in un contesto di volatilità. Il punto di forza di questo tipo di contratto è la presenza di un valore massimo e di un valore minimo di prezzo tale da garantire una certa stabilità. Le parti concordano in anticipo una percentuale fissa di sconto sul prezzo del pool di MWh e, se il prezzo di mercato scende al di sotto della clausola floor, l’acquirente deve pagare l’importo della clausola floor allo sviluppatore.
Una delle ragioni fondamentali dell’interesse per lo sviluppo di questi contratti PPA in Spagna è stato l’attuale quadro normativo che lascia ampio spazio all’autonomia delle parti nel definire i termini del contratto. I contratti bilaterali di acquisto di energia elettrica sono regolati dalla Direttiva (UE) 2018/2001, dalla legge 24/2013 e dal RDL 2019/1997. Recentemente, le misure adottate nella RDL 24/2020 favoriscono anche la negoziazione e l’attuazione dei PPA. Inoltre, si stanno iniziando a sviluppare schemi di fornitura a lungo termine secondo la modalità dell’autoconsumo, in conformità con il RD 244/2019.
In Italia non sono ancora molti gli operatori nazionali che vi hanno fatto ricorso, principalmente per la complessità della gestione dei contratti a lungo termine a prezzi fissi, per la lentezza delle procedure amministrative necessarie per la costruzione degli impianti, e per gli incentivi pubblici che in passato sono stati preferiti dai produttori Questo modello di acquisto-vendita sta comunque diventano sempre più frequente.
Recentemente è stata istituita presso il GME la bacheca dei PPA, ai sensi dell’art. 28, comma 1, del Dlgs 199/2001, con la finalità di promuovere l’incontro tra le parti potenzialmente interessate alla stipula dei PPA, e di consentire l’assolvimento dell’obbligo di registrazione dei medesimi contratti conclusi tra gli operatori. La Bacheca, infatti, è costituita dalla:
– sezione annunci, nell’ambito del quale gli operatori interessati a proporre ovvero a ricercare possono pubblicare, in forma anonima e non vincolante, i propri annunci, rispettivamente, di vendita ovvero di acquisto, mentre gli operatori interessati a tali annunci possono visualizzarli e manifestare il relativo interesse;
– sezione registrazione contratti, nell’ambito del quale gli operatori venditori assolvono all’obbligo di registrazione dei contratti di compravendita di lungo termine di energia elettrica da fonti rinnovabili conclusi.
Tra i grandi operatori che hanno fatto ricorso ai PPA in Italia, si possono segnalare:
– Ferrero che ha firmato un Virtual Power Purchase Agreement (PPA) di 10 anni con Falck Renewables per la produzione di energia elettrica green 100% rinnovabile realizzata attraverso l’installazione di due impianti fotovoltaici in Sicilia.
– Canadian Solar che, in joint venture con la veronese Manni Energy, ha firmato un contratto (PPA) di 10 anni con Trailstone per un fotovoltaico in Sicilia, prevedendo un prezzo fisso ed un meccanismo di condivisione degli eventuali rialzi. Il fotovoltaico è proprietà della joint venture in regime di market parity.
c.colamonico@macchi-gangemi.com
l.irurzun@macchi-gangemi.com
DISTRIBUZIONE TRANSFRONTALIERA DI QUOTE O AZIONI DI ORGANISMI DI INVESTIMENTO COLLETTIVO DEL RISPARMIO: LE RECENTI MODIFICHE AL REGOLAMENTO EMITTENTI.
All’esito del procedimento di consultazione ed in attuazione del cd. CBDF Package (Cross-border fund distribution package, i.e. Direttiva (UE) 2019/1160 e Regolamento (EU) 2019/1156) sulla distribuzione transfrontaliera di quote o azioni di organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR), con delibera n. 22437 del 6 settembre 2022 Consob ha apportato alcune modifiche al Regolamento Emittenti (Delibera Consob del 14 maggio 1999, n. 11971, cd. Regolamento Emittenti).
Le modifiche apportate da Consob, inoltre, danno attuazione ai nuovi obblighi di informativa precontrattuale previsti dal Regolamento (UE) 2019/2088 (in merito all’informativa sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari, Sustainable Finance Disclosure Regulation, cd. SFDR) e dal Regolamento (UE) 2020/852 (Regolamento Tassonomia) per i gestori di OICR.
Fra le principali novità in tema di distribuzione transfrontaliera, le nuove disposizioni disciplinano:
– le local facilities, ossia le strutture per gli investitori al dettaglio che devono essere messe a disposizione in Italia in caso di commercializzazione nel nostro Paese di quote o azioni di OICVM UE (Organismi di Investimento Collettivo di Valori Mobiliari), di FIA UE (Fondi di Investimento Alternativi) da parte di gestori italiani o di GEFIA UE (Gestori di Fondi di Investimento Alternativi), nonché di FIA italiani da parte di GEFIA UE, è una ripetizione;
– la cessazione della commercializzazione in Italia e in uno Stato Membro ospitante nei casi indicati;
– la pre-commercializzazione di FIA riservati;
– le comunicazioni di marketing nell’offerta al pubblico di OICR, essendo applicabile la disciplina prevista dal Regolamento CBDF nonché le Guidelines on marketing communications under the Regulation on cross-border distribution of funds del 27 maggio 2021 (ESMA34-45-1244).
Per quanto riguarda i nuovi obblighi di informativa precontrattuale, è previsto che questi siano forniti dai gestori di OICVM e di FIA nel prospetto o, in caso di FIA non soggetti all’obbligo di prospetto, nel documento di offerta, o in un apposito allegato. I nuovi obblighi di informativa precontrattuale saranno applicabili coerentemente con le date indicate nel Regolamento SFDR e nel Regolamento Tassonomia).
Le modifiche in parola sono state pubblicate nella Gazzetta Ufficiale n. 215 del 14 settembre 2022 ed entrano in vigore il 20° giorno successivo alla data di pubblicazione.
m.divincenzo@macchi-gangemi.com
LA NUOVA DEFINIZIONE AGEVOLATA DEI GIUDIZI TRIBUTARI PENDENTI INNANZI ALLA CORTE DI CASSAZIONE.
Nell’ambito delle significative novità in materia di processo e ordinamento giudiziario tributario, è stata prevista la possibilità di definire le liti tributarie pendenti davanti alla Corte di Cassazione alla data del 15 luglio 2022 e quelle per le quali il ricorso per Cassazione è stato notificato entro il 16 settembre 2022.
La Legge n. 130 del 31 agosto 2022, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 204 del 1 settembre 2022, ha introdotto significative novità in materia di processo e ordinamento giudiziario tributario, al fine di perseguire gli obiettivi individuati nel Piano nazionale ripresa resilienza (PNRR), approvato dall’Italia nel 2021 per imprimere nuovo slancio economico al Paese.
Tra le diverse misure ivi previste, è stata introdotta all’articolo 5 la possibilità di definire in via agevolata le liti tributarie pendenti davanti la Corte di Cassazione alla data del 15 luglio 2022 e quelle per le quali il ricorso per Cassazione è stato notificato entro il 16 settembre 2022, con l’obiettivo di sfoltire il carico delle controversie tributarie quiescenti in fase di legittimità.
In particolare, possono essere definite:
– le controversie il cui valore non è superiore ad Euro 100.000, nelle quali l’Ufficio sia stato soccombente in entrambi i precedenti gradi di giudizio, con il pagamento di una somma pari al 5% del valore della controversia;
– le controversie il cui valore non è superiore ad Euro 50.000, nelle quali l’Ufficio sia stato soccombente in tutto o in parte in uno dei due gradi di merito, con il pagamento di una somma pari al 20% del valore della controversia.
Il contribuente non può quindi definire le controversie tributarie in cui sia risultato soccombente in entrambi i gradi di merito. Non è, inoltre, possibile definire le liti aventi ad oggetto:
– le risorse proprie tradizionali dell’Unione Europea (ad es. dazi) e l’IVA riscossa all’importazione;
– le somme dovute a titolo di recupero degli aiuti di Stato.
Per espressa previsione normativa, il valore della lite viene determinato avendo riguardo all’importo del solo tributo oggetto di contestazione in primo grado, al netto di sanzioni e interessi. Se la lite è relativa soltanto all’irrogazione di sanzioni il valore è costituito dalla somma delle medesime.
Ai fini della definizione si tiene conto degli eventuali versamenti già effettuati in pendenza di giudizio. Non è prevista la possibilità di chiedere a rimborso le somme già versate eccedenti quanto dovuto per la definizione.
La definizione agevolata della lite si perfeziona con la presentazione di apposita domanda e con il versamento degli importi dovuti entro 120 giorni dall’entrata in vigore della Legge n. 130/2022 (i.e. 16 settembre 2022). Qualora non ci siano importi da versare, la definizione si perfeziona con la sola presentazione della domanda.
Ai fini della definizione si tiene conto di eventuali versamenti già effettuati a qualsiasi titolo in pendenza di giudizio. In ogni caso, si segnala che l’individuazione delle modalità di attuazione della procedura di definizione è demandata a successivi provvedimenti ad hoc di competenza del direttore dell’Agenzia delle Entrate.
a.salvatore@macchi-gangemi.com
f.dicesare@macchi-gangemi.com
RIFORMA DEL PROCESSO CIVILE: A CHE PUNTO SIAMO?
Il 2 agosto 2022 il Governo (uscente) ha trasmesso alle Camere lo schema di decreto legislativo che dovrebbe attuare la riforma del processo civile in conformità alla legge delega n. 206/2021.
Come noto, la delega è entrata in vigore il 24 dicembre 2021 e il prossimo Governo dovrà esercitarla entro l’anno, ossia entro il 24 dicembre 2022.
Le prossime elezioni si terranno il 25 settembre 2022 ed è difficile fare previsioni.
In ogni caso, ci chiediamo se – indipendentemente dal colore politico – il nuovo Governo riuscirà a portare a compimento i lavori di riforma e se, dunque, tra i regali di Natale, invece del solito libro, scarteremo una nuova edizione aggiornata del codice di procedura civile.
Le critiche alla legge delega non sono mancate, né verosimilmente mancheranno quelle al decreto legislativo di attuazione, il cui schema – già trasmesso alle Camere – dovrebbe ricevere il parere delle Commissioni di Camera e Senato entro il 2 ottobre 2022, in difetto del quale il decreto legislativo potrà comunque essere emanato.
In attesa degli imprevedibili sviluppi politici, ricordiamo che lo schema di decreto legislativo prevede numerosissime e sostanziali modifiche al codice di procedura civile, tra cui (per citarne alcune):
– l’espressa inclusione della mancanza di procura al difensore tra le ipotesi soggette a sanatoria ai sensi dell’art. 182 c.p.c.;
– l’estensione del termine minimo a comparire previsto dall’art. 163 bis c.p.c. a 120 giorni, se il luogo della notificazione si trova in Italia, e l’estensione del termine a ritroso per la costituzione del convenuto, previsto dall’art. 166 c.p.c., che passa da 20 a 70 giorni prima dell’udienza;
– se la domanda è soggetta a condizioni di procedibilità, l’obbligo di indicare in citazione di avere assolto gli oneri previsti per il suo superamento;
– la reintroduzione dell’obbligo di comparizione personale delle parti, il loro interrogatorio libero ed il tentativo di conciliazione da parte del giudice alla prima udienza di comparizione;
– l’introduzione dei seguenti termini, a pena di decadenza, per il deposito di memoria integrative prima dell’udienza, e pari a:
1) almeno quaranta giorni prima dell’udienza per proporre le domande e le eccezioni che sono conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni proposte dal convenuto o dal terzo, nonché per precisare o modificare le domande, eccezioni e conclusioni già proposte. Con la stessa memoria l’attore potrà chiedere di essere autorizzato a chiamare in causa un terzo, se l’esigenza è sorta a seguito delle difese svolte dal convenuto nella comparsa di risposta;
2) almeno venti giorni prima dell’udienza, per replicare alle domande e alle eccezioni nuove o modificate dalle altre parti, proporre le eccezioni che sono conseguenza delle domande nuove da queste formulate nella memoria di cui al numero 1), nonché indicare i mezzi di prova ed effettuare le produzioni documentali;
3) almeno dieci giorni prima dell’udienza, per replicare alle eccezioni nuove e indicare la prova contraria;
– l’introduzione dei seguenti termini da calcolarsi a ritroso dell’udienza in cui la causa sarà trattenuta in decisione:
1) un termine non superiore a sessanta giorni (prima dell’udienza) per il deposito di note scritte contenenti la sola precisazione delle conclusioni;
2) un termine non superiore a trenta giorni (prima dell’udienza) per il deposito delle comparse conclusionali;
3) un termine non superiore a quindici giorni (prima dell’udienza) per il deposito delle memorie di replica.
Quelle appena citate rappresentano una goccia nel mare delle modifiche che potrebbero essere introdotte al codice di procedura civile anche con riferimento al procedimento dinanzi al Giudice di Pace, alle impugnazioni (e in particolare al procedimento dinanzi alla Cassazione), alle esecuzioni e alle disposizioni di attuazione.
Pertanto, in attesa che si formi un nuovo Governo, è bene cominciare subito a familiarizzare con i nuovi termini della riforma che, ai sensi dell’art. 35 dello Schema di Decreto Legislativo, potrebbero entrare in vigore (salvo alcune eccezioni) a decorrere dal 30 giugno 2023.
DECADENZA DEL COMPENSO DELL’AUSILIARIO DEL GIUDICE: IL DECRETO CHE NEGA LA LIQUIDAZIONE PUÒ ESSERE IMPUGNATO? ALCUNE QUESTIONI DA TENERE A MENTE.
Il Consulente d’Ufficio, distratto o pigro, rischia di vedersi negato il compenso se non chiede al giudice, entro un preciso termine, la liquidazione delle proprie competenze e delle spese sostenute per l’espletamento dell’incarico svolto.
Il consulente d’ufficio può tardare non solo nel deposito della perizia, ipotesi purtroppo non così infrequente, ma anche nel chiedere la liquidazione del proprio compenso ed eventuale rimborso delle spese sostenute per l’espletamento dell’incarico conferito dal giudice.
L’articolo 71 del DPR n. 115/2002 contempla una specifica ipotesi di decadenza della domanda di liquidazione; la norma così dispone: “La domanda è presentata, a pena di decadenza: trascorsi cento giorni dalla data della testimonianza, o dal compimento delle operazioni per gli onorari e le spese per l’espletamento dell’incarico degli ausiliari del magistrato; trascorsi duecento giorni dalla trasferta, per le trasferte relative al compimento di atti fuori dalla sede in cui si svolge il processo e per le spese e indennità di viaggio e soggiorno degli ausiliari del magistrato …” (comma 2° art. 71 cit.).
L’ausiliario del giudice ha dunque soli cento giorni dall’avvenuto espletamento dell’incarico (es. deposito della perizia definitiva) per chiedere la liquidazione di quanto gli spetta e ottenere il rimborso delle spese sostenute per eventuali ausiliari, analisi di laboratorio, ecc.; i risvolti economici di una mera dimenticanza possono essere assai gravosi.
Se viene depositata l’istanza di liquidazione dei compensi una volta decorso tale termine, il giudice rigetta la domanda dichiarando con decreto la decadenza del diritto al compenso; avverso tale provvedimento il consulente d’ufficio può comunque proporre opposizione con giudizio sommario di cognizione (v. richiamo all’art. 15 D.lgs 01.09.2011, n. 150).
Il ricorso deve essere proposto al capo dell’ufficio giudiziario cui appartiene il magistrato che ha emesso il provvedimento impugnato (art. 170 DPR 115/2022) ed il giudizio viene definito con ordinanza non appellabile ma ricorribile per Cassazione (art. 360 comma 4° c.p.c.).
La Corte di Cassazione ha avuto modo di chiarire alcuni aspetti della decadenza contemplata dall’art. 71 DPR n. 115/2002:
– innanzitutto, come dispone l’art. 2966 c.c., la decadenza può essere impedita solo dal compimento di un atto previsto dalla legge e, nel caso di specie, l’atto in questione è proprio la richiesta di liquidazione del compenso da parte del CTU;
– in secondo luogo, una volta decorsi i cento giorni previsti dalla norma, l’ausiliario del giudice non può sanare la decadenza invocando il più lungo termine di prescrizione del diritto al compenso: la tesi della permanenza del diritto al compenso anche dopo l’intervenuta decadenza “… è infondata in quanto il diritto può essere esercitato nel termine di prescrizione solo a condizione che non si sia verificata la decadenza che, appunto, esclude la possibilità di esercitarlo, ancorché non si sia verificata la sua estinzione per prescrizione …” (cfr. Cass. Civ. Sez. II, 04.03.2015, n. 4373);
– inoltre, nel conteggio del termine per la decadenza non è consentito far decorrere il dies a quo dal momento in cui l’ausiliario del giudice è materialmente in grado di quantificare tutte le spese per l’attività espletata, terzi e coadiutori compresi; si pensi all’ipotesi di professionisti incaricati dal consulente d’ufficio che tardano ad inviare la quantificazione delle competenze maturate (sempre Cass. Civ. Sez. 4373/2015 cit.).
Non sembra dunque esservi rimedio alla “tagliola” della decadenza qualora l’ausiliario del giudice incautamente dimentichi di chiedere al giudice, nei termini di legge, la liquidazione di compensi e spese dovuti.
DISCLAIMER: Questa newsletter fornisce solo informazioni generali e non costituisce una consulenza legale da parte di Macchi di Cellere Gangemi. L’autore dell’articolo o il vostro contatto in studio sono a Vostra disposizione per qualsiasi ulteriore chiarimento.
PER VISUALIZZARE LA NEWSLETTER PRECEDENTE DEL 29 LUGLIO 2022: