VERSO UNA MAGGIORE DIGITALIZZAZIONE DEGLI APPALTI PUBBLICI: IL BANDO TIPO ANAC E IL FASCICOLO VIRTUALE DEGLI OPERATORI ECONOMICI.
È entrato ufficialmente in vigore l’8 gennaio 2022, a seguito della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale il 24 dicembre 2021, il primo bando tipo (di seguito anche “Disciplinare”) per la gestione digitalizzata degli appalti pubblici relativi a servizi e forniture di importo superiore alle soglie europee.
L’istituzione del Disciplinare consegue un duplice obiettivo: da un lato, fornire alle stazioni appaltanti uno strumento a garanzia di efficienza standard di qualità dell’azione amministrativa e omogeneità dei procedimenti, dall’altro lato, attraverso la standardizzazione del disciplinare di gara, ANAC sarà in condizione di supportare le stazioni appaltanti, limitando il numero di clausole oggetto di deroga rispetto al “bando-tipo” così abbattendo i tempi di predisposizione della documentazione di gara mediante l’utilizzo di procedure telematiche.
Il Disciplinare è rivolto alle gare a procedura aperta per l’affidamento di contratti pubblici di servizi e forniture nei settori ordinari sopra soglia, da aggiudicare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa e sulla base del miglior rapporto qualità-prezzo.
Tuttavia, nella nota illustrativa l’ANAC ha precisato che il Disciplinare:
– è finalizzato a fornire indicazioni sulle modalità operative delle gare telematiche facendo applicazione delle ultime novità normative e giurisprudenziali;
– qualora la stazione appaltante intendesse utilizzare come criterio di aggiudicazione quello del prezzo più basso, può adattare il modello proposto dall’Autorità senza necessità di motivare le ragioni delle deroghe;
– le clausole del bando tipo ANAC sono vincolanti per le stazioni appaltanti negli appalti di servizi e forniture superiore alla soglia UE, salvo che siano espressamente indicate come “facoltative” o “alternative”;
– potrà essere utilizzato anche per l’assegnazione dei lavori e dagli enti aggiudicatori che operano nei settori speciali, compatibilmente con la disciplina di settore.
Sempre nell’ottica di dare impulso alla gestione digitale degli appalti pubblici, lo scorso 29 novembre 2021 l’ANAC ha, inoltre, approvato un secondo provvedimento con il quale si è dato avvio al fascicolo virtuale telematico degli operatori economici (FVOE).
La prima versione del fascicolo virtuale sarà operativa entro marzo 2022, pertanto, entro tale data saranno consentite le seguenti funzioni: verifica del mantenimento dei requisiti sull’aggiudicatario e subappaltatore in fase di esecuzione dell’appalto, utilizzo del fascicolo digitale per tutte le procedure di affidamento, istituzione dell’elenco degli operatori economici già verificati, ai sensi dell’art. 81 comma 4 bis del Codice dei Contratti.
Nelle more del completamento del sistema, della piena operatività della Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici (BDNCP) e dell’interoperabilità di quest’ultima con le altre banche dati esistenti, al fine di evitare l’introduzione di un regime transitorio che potrebbe non essere confermato in futuro, restano fermi tutti gli obblighi di comunicazione e le modalità di adempimento attualmente vigenti.
L’obiettivo conseguito mediante il fascicolo digitale è quello di alleggerire gli adempimenti formali a carico delle stazioni appaltanti, di consentire ad esse di reperire più facilmente le informazioni che riguardano le imprese e, infine, di utilizzare gli accertamenti effettuati da altre stazioni appaltanti al fine velocizzare la fase di verifica dei requisiti generali.
Allo stesso tempo, agli operatori economici non verrà più imposto l’onere di produrre la medesima documentazione relativa ai requisiti generali e speciali per ogni gara, poiché essa verrà già acquisita dal fascicolo virtuale.
In conclusione, con l’entrata in vigore del Disciplinare e con la costituzione del fascicolo virtuale degli operatori economici si realizza, secondo quanto affermato dal presidente dell’ANAC Giuseppe Busia, un “passo decisivo verso la fine dell’era della carta nelle gare pubbliche e nell’affidamento dei servizi e forniture da parte della pubblica amministrazione”, un “passaggio importante nella modernizzazione del sistema e nella digitalizzazione delle procedure” che certamente potrà garantire una maggiore qualità ed efficienza dell’attività delle stazioni appaltanti ed enormi risparmi in termini di tempi e costi per gli operatori economici.
VIOLAZIONE DEGLI OBBLIGHI DEL PROMOTORE FINANZIARIO: PRESUPPOSTI E LIMITI DELLA RESPONSABILITÀ SOLIDALE DELL’INTERMEDIARIO PROPONENTE AI SENSI DELL’ART. 31 TUF.
In una recente sentenza, la Suprema Corte (Cassazione Civile, Sez. I, 30 dicembre 2021, n. 42054) si è occupata di intermediazione finanziaria con particolare riferimento al tema della responsabilità solidale dell’intermediario finanziario proponente ai sensi dell’art. 31 del D.lgs. n. 58/98 (TUF) per i danni causati agli investitori dalla condotta del promotore finanziario incaricato dall’intermediario stesso.
La vicenda trae origine dalla richiesta di declaratoria di nullità con restituzione del prezzo dell’investimento e risarcimento del danno subito avanzata da alcuni investitori nei confronti dei promotori finanziari danneggiati a seguito di plurime violazioni del TUF e regolamento Consob n. 11522/98 nonché nei confronti della società di intermediazione mobiliare ai sensi del predetto articolo 31, comma 3 TUF.
Gli ermellini hanno affermato la responsabilità solidale dell’intermediario proponete sulla scorta della sussistenza del rapporto di “occasionalità necessaria” – presupposto della responsabilità solidale dell’intermediario ex art. 31 TUF – tra le incombenze affidate dall’intermediario al promotore ed il fatto di danno per gli investitori.
In particolare, con la sentenza in oggetto, la Suprema Corte ha precisato i presupposti ed i limiti della responsabilità solidale dell’intermediario proponente di cui all’articolo 31 TUF rispetto alle condotte del promotore finanziario in danno degli investitori. Secondo la Suprema Corte, la società preponente risponde in solido del danno causato all’investitore dai promotori finanziari da essa incaricati in tutti i casi in cui sussista un nesso di occasionalità necessaria tra il danno e l’esecuzione delle incombenze affidate al promotore e che la solidarietà non viene meno quando il promotore finanziario, abusando dei suoi poteri, abbia agito per finalità estranee a quelle del preponente che lo ha incaricato. La responsabilità solidale è da escludere esclusivamente in presenza di una condotta collusiva dell’investitore o che presenti il carattere dell’acquiescenza rispetto alla violazione delle regole gravanti sul promotore.
L’eventuale collusione o acquiescenza dell’investitore danneggiato viene valutata sulla base di elementi presuntivi quali il numero o la ripetizione delle operazioni poste in essere con modalità irregolari, il valore complessivo delle stesse, l’esperienza acquisita nell’investimento di prodotti finanziari, la conoscenza del complesso iter funzionale alla sottoscrizione di programmi di investimento e le complessive condizioni culturali e socio-economiche del investitore danneggiato.
Di conseguenza, la Suprema Corte ha dato dell’articolo 31, comma 3 TUF una interpretazione volta il più possibile alla tutela dell’investitore danneggiato dalle condotte illegittime del promotore finanziario. In questa chiave deve essere letto il principio di diritto espresso dagli ermellini che hanno voluto – a garanzia dell’investitore danneggiato – ampliare il più possibile l’ambito di applicazione della responsabilità solidale dell’intermediario emittente escludendola soltanto nell’occasione in cui l’investitore danneggiato abbia contributo a titolo di collusione o mera acquiescenza alla causazione del pregiudizio.
RIFORMA DELLA GIUSTIZIA E DELEGA AL GOVERNO PER L’EFFICIENZA DEL PROCESSO CIVILE. UN REGALO DI NATALE CHE USEREMO LA PROSSIMA ESTATE.
Come noto, il 24 dicembre 2021 è entrata in vigore la legge del 26 novembre 2021, n. 206 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 9 dicembre 2021 n. 292) che ha delegato il Governo ad adottare, entro un anno, uno o più decreti legislativi per il riassetto formale e sostanziale del processo civile (la “Legge Delega”). Non sono mancate aspre critiche ai principi e criteri direttivi stabiliti dalla Legge Delega e – nell’attesa dei decreti legislativi che verranno emanati dal Governo – a qualcuno potrebbe essere sfuggito che alcune sue disposizioni sono, invece, di immediata e futura applicazione.
Il comma 37, dell’articolo 1 della Legge Delega prevede, infatti, che le disposizioni dei commi da 27 a 36 si applicano ai procedimenti instaurati a decorrere dal 180° giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge (ossia a decorrere dal 22 giugno 2022).
Rinviando il lettore alla disamina di detti commi (prevalentemente incidenti sui procedimenti civili ed i diritti riguardanti i minori), si richiama l’attenzione in merito al fatto che il comma 32 dell’art. 1 apporta modifiche, e non di poco conto, alle regole del pignoramento presso terzi.
La Legge Delega ha, infatti, aggiunto un quinto comma all’art. 543 c.p.c., prevedendo che: “Il creditore, entro la data dell’udienza di comparizione indicata nell’atto di pignoramento, notifica al debitore e al terzo l’avviso di avvenuta iscrizione a ruolo con indicazione del numero di ruolo della procedura e deposita l’avviso notificato nel fascicolo dell’esecuzione. La mancata notifica dell’avviso o il suo mancato deposito nel fascicolo dell’esecuzione determina l’inefficacia del pignoramento. Qualora il pignoramento sia eseguito nei confronti di più terzi l’inefficacia si produce solo nei confronti dei terzi rispetto ai quali non è notificato o depositato l’avviso. In ogni caso, ove la notifica dell’avviso di cui al presente comma non sia effettuata, gli obblighi del debitore e del terzo cessano alla data dell’udienza indicata nell’atto di pignoramento”.
Dunque, a decorrere dal 22 giugno 2022 (e salvi successivi ripensamenti da parte del legislatore), dovrà tenersi conto di tale novella se non si vorrà incorrere nella davvero incredibile conseguenza dell’inefficacia del pignoramento.
Non può, infatti, non rilevarsi che, all’atto dell’iscrizione a ruolo da parte del creditore, il debitore ed il terzo hanno già ricevuto la notifica del pignoramento e sono perciò pienamente informati dell’avvio dell’esecuzione e che l’art. 164 ter delle disposizioni di attuazione al c.p.c. già stabiliva l’obbligo del creditore di notificare successivamente al debitore e al terzo un avviso solo in caso di mancata iscrizione a ruolo.
A decorrere dal 22 giugno 2022, il creditore dovrà invece notificare un avviso in entrambi i casi (di iscrizione e mancata iscrizione a ruolo della procedura) con la differenza che, laddove sia stato lo stesso creditore a non iscrivere a ruolo il pignoramento (nella consapevolezza della sua successiva inefficacia) – è ragionevole che egli ne dia successiva notizia al debitore e ai terzi, mentre non è affatto ragionevole prevedere che il creditore debba notificare un avviso anche in caso contrario e che, in difetto, debba incorrere nell’inefficacia di un pignoramento già perfezionato e iscritto a ruolo, ove sol si consideri che:
– l’avviso conterrebbe informazioni che sono liberamente e direttamente acquisibili dal debitore e dal terzo già destinatari della notifica del pignoramento;
– la principale difficoltà che si incontra nelle esecuzioni è il perfezionamento delle notifiche a debitori improvvisamente erranti o irreperibili (talché sarebbe giusto non imporre al creditore l’ulteriore notifica di atti non essenziali);
– quando il pignoramento non viene iscritto a ruolo, il debitore ed il terzo ne vengono (o dovrebbero venirne) già a conoscenza in virtù del disposto di cui all’art. 164 ter disp. att. cod. proc. civ.;
– la sanzione dell’inefficacia del pignoramento per l’omessa notifica ed il successivo deposito di un avviso contenente, nella sostanza, solo gli estremi della procedura già iscritta a ruolo non appare nella sua gravità (e definitività) proporzionata ad alcuna violazione dei diritti del debitore e del terzo già destinatari del pignoramento.
Quanto sopra, senza considerare che in virtù di tale nuova disposizione si aggraverà anche l’attività di ufficiali giudiziari, cancellerie e magistrati, con il rischio di un probabile rallentamento delle procedure, ossia l’esatto opposto dell’obiettivo di celerità e snellimento perseguito dalla Legge Delega.
Un’ultima notazione: a decorrere dal 22 giugno 2022, anche l’art. 26-bis c.p.c. subirà una modifica. Quando il debitore è una delle pubbliche amministrazioni indicate dall’art. 413, 5° co., c.p.c., per l’espropriazione forzata di crediti sarà competente, salvo quanto disposto dalle leggi speciali, il giudice del luogo dove ha sede l’ufficio dell’Avvocatura dello Stato nel cui distretto il creditore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede.
COMPETENZA TERRITORIALE E FORUM DESTINATAE SOLUTIONIS.
In tema di competenza per territorio è sicuramente interessante la sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione del 13.09.2016, n. 17989 sulla determinazione del forum destinatae solutionis ai fini dell’individuazione del foro territorialmente competente e della applicazione della mora ex re ai sensi dell’art. 1219 co. 2° n. 3 c.c. (pronuncia pubblicata in Foro It. 2017, 6, 2033).
Il tema affrontato (e risolto) dal giudice di legittimità è il seguente: le obbligazioni pecuniarie da adempiersi al domicilio del creditore, secondo quanto disposto dell’articolo 1182, comma 3, c.c., sono esclusivamente quelle liquide ovvero quelle determinate nel loro ammontare dal titolo ?
I commi 3° e 4° dell’art. 1182 c.c. così dispongono:
«L’obbligazione avente per oggetto una somma di danaro deve essere adempiuta al domicilio che il creditore ha al tempo della scadenza. Se tale domicilio è diverso da quello che il creditore aveva quando è sorta l’obbligazione e ciò rende più gravoso l’adempimento, il debitore, previa dichiarazione al creditore, ha diritto di eseguire il pagamento al proprio domicilio» mentre «negli altri casi l’obbligazione deve essere adempiuta al domicilio che il debitore ha al tempo della scadenza».
Sul punto, mutuando termini elaborati dalla dottrina, si distinguono le obbligazioni portables (“portabili”) da adempiersi presso il creditore, dalle obbligazioni quérelables (“chiedibili”) le cui prestazioni devono essere richieste presso il domicilio del debitore.
L’intervento delle Sezioni Unite ha composto un contrasto giurisprudenziale che vedeva contrapposti due orientamenti:
1. il primo, più tradizionale, per il quale le obbligazioni pecuniarie ex art. 1182 co. 3° c.c. sono esclusivamente quelle indicate nel titolo, sia esso di formazione convenzionale o di formazione giudiziale (v. Cass. Civ. Sez. VI, 12.10.2011, n. 21000 in Civ. Mass. 2011, 10, 1437);
2. il secondo che valuta sussistente il requisito della liquidità avendo riguardo alla domanda del creditore ai sensi dell’art. 10 c.p.c. (es. Cass. Civ. 17.05.2011, n. 10837 in Civ. Mass. 2011, 5, 758; Cass. Civ. 21.05.2010 n. 12455 in Il Civilista, 2011, 2, 45).
Orbene, come sopra anticipato, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno precisato che:
“… rientrano nella previsione di cui all’art. 1182 c.c., comma 3, esclusivamente le obbligazioni pecuniarie liquide, il cui ammontare, cioè, sia determinato direttamente dal titolo ovvero possa essere determinato in base ad esso con un semplice calcolo aritmetico …” (v. Cass. Civ. Sez. Un. 17989/2016 cit.).
Perciò solo in presenza di un titolo, inteso come contratto tra le parti o pronuncia del giudice che definisca ab origine le somme dovute (credito liquido), il luogo dell’adempimento ai fini del forum destinatae solutionis sarà il domicilio del creditore, mentre laddove il debito permanga illiquido, ovvero non sia specificato nel titolo, il luogo di adempimento, e quindi il foro da adire, rimarrà quello del debitore.
La Suprema Corte ha anche osservato che la costituzione in mora può operare ai sensi dell’art. 1219 co. 2° n. 3 c.c. solo per i crediti liquidi.
Sul tema della competenza territoriale la decisione impatta non poco sulle azioni monitorie fondate sulle sole fatture del creditore, fatture che come noto sono di formazione unilaterale e non rappresentano un titolo.
Conseguentemente, la decisione delle Sezioni Unite ha favorito il debitore, anche per evitare “… di attribuire al creditore un diritto potestativo in forza del quale scegliere non solo il luogo di adempimento dell’obbligazione, ma … anche il foro più confacente …” (A. Trotta, in Il forum destinatae solutionis nelle obbligazioni protables: sul concetto di liquidità in Giur. It. 2017, 5, 1064).
Per mitigare le conseguenze di un simile approccio (assalto al foro del debitore) si potrebbe sostenere che le fatture, se prodotte unitamente agli estratti autentici delle scritture contabili, ben possono rappresentare una prova scritta del credito “liquido” ai sensi degli articoli 633 co. 1° e 634 comma 2° c.p.c.
Resta il fatto che il solco è ormai tracciato: la giurisprudenza di merito si è in buona misura adeguata (Trib. Novara, Sez. I, 04/01/2021, n. 1, Trib. Ferrara, 27/10/2020, n. 623, Trib. Nola, Sez. I, 25.09.2020, n. 1356; Trib. Roma, Sez X, 28/08/2019, n. 16751) salve alcune eccezioni (Corte App. Roma, Sez. III, 08/07/2021, n. 5060; Corte App. Milano, Sez. III, 10/04/2020, n. 890; Trib. Spoleto, 04/01/2019, n. 11).
e.storari@macchi-gangemi.com
f.montanari@macchi-gangemi.com
L’UNIONE EUROPEA SPINGE PER L’ELIMINAZIONE DELLE SOCIETÀ DI COMODO A LIVELLO EUROPEO.
Il 22 dicembre scorso la Commissione europea ha presentato la proposta di direttiva per contrastare l’uso improprio di società di comodo (“shell companies”) a fini fiscali (Vai al link). La proposta si inserisce all’interno di un pacchetto di misure che include anche la proposta di direttiva sulla tassazione minima delle imprese multinazionali e che costituisce il recepimento dell’accordo raggiunto a livello internazionale sul “Pillar 2”.
A differenza della disciplina italiana sulle società di comodo, la proposta di direttiva non determina l’applicazione di un livello minimo di tassazione ma prevede il disconoscimento dei benefici derivanti dalle convenzioni per evitare le doppie imposizioni e dalle direttive.
Qualora dovesse essere effettivamente adottata la direttiva dovrebbe essere recepita dagli Stati membri entro il 30 giugno 2023 ed entrare in vigore il primo gennaio 2024. Poiché tuttavia il periodo di osservazione dei requisiti di sostanza riguarda i due periodi di imposta precedenti, è necessario verificare attentamente il ricorrere delle condizioni previste dalla proposta di direttiva già a partire da quest’anno.
Secondo la Commissione, nonostante i progressi compiuti con la direttiva anti-elusione (ATAD) e con l’ampliamento del campo di applicazione della direttiva sulla cooperazione amministrativa (DAC), le entità senza sostanza ed attività economica (“legal entities with no minimal substance and economic activity”) continuano a causare una concorrenza fiscale sleale ed a determinare una distribuzione non corretta del carico fiscale complessivo tra contribuenti.
La proposta di direttiva ha uno scopo molto ampio, applicandosi a tutti i tipi di entità che possono essere considerati “residenti” ai fini fiscali all’interno della UE e prevede un substance test per identificare le entità prive di requisiti minimi di sostanza utilizzati per ottenere vantaggi fiscali; in tal senso si prevede anche lo scambio automatico di informazioni e la possibilità di chiedere ad un altro Stato membro di avviare accertamenti fiscali nei confronti di entità che siano sospettate di non rispettare i criteri imposti dalla direttiva.
Il substance test è diretto ad accertare la compresenza di tutte e tre le seguenti circostanze:
(i) più del 75%dei ricavi maturati dall’impresa nei due periodi d’imposta precedenti è passive income o, in alternativa, il valore contabile dei beni che danno luogo potenzialmente a passive income è superiore al 75% del valore contabile totale delle attività dell’impresa;
(ii) l’impresa esercita in prevalenza un’attività transfrontaliera;
(iii) nei due periodi d’imposta precedenti, l’impresa ha esternalizzato l’amministrazionedella gestione corrente e l’assunzione di decisioni su funzioni significative.
Ove una entità presenti tutti e tre gli indici rilevanti ai fini del substance test è tenuta a specifici obblighi di reporting nella propria dichiarazione dei redditi riguardo a una serie di “indicatori di sostanza minima” (“indicators of minimum substance for tax purposes”), volti ad accertare se:
a) dispone di localipropri o ad uso esclusivo nello Stato membro di residenza;
b) ha almeno un conto bancarioproprio e attivo nell’UE;
c) uno o più amministratori sono fiscalmente residenti nello Stato membro dell’entità o ad una distanza da tale Stato membro che sia compatibile con il corretto esercizio delle loro funzioni, sono qualificati e autorizzati a prendere decisioni in relazione alle attività che generano passive income e lo fanno regolarmente e, inoltre, non sono dipendenti di un’impresa che non è un’impresa associata e non svolgono la funzione di amministratore o altra funzione equivalente di altre imprese che non sono imprese associate oppure la maggior parte dei dipendenti a tempo pieno è fiscalmente residente nello Stato membro dell’entità o ad una distanza da tale Stato membro che sia compatibile con il corretto esercizio delle loro funzioni e tali dipendenti sono qualificati per svolgere le attività che generano i passive income.
Le informazioni oggetto di reporting mirano dunque a identificare quelle società, spesso ancora presenti all’interno di gruppi multinazionali, che intercettano dividendi o altri passive income ma che sono dotate di strutture estremamente leggere e amministratori appartenenti a società specializzate nella gestione per conto terzi di società oppure dipendenti della casa madre extra-EU e residenti a loro volta fuori dalla UE.
Qualora una società non possieda tutti gli indicatori di sostanza minima – e non abbia ottenuto una esenzione in base all’art. 10 fondata sulla prova che l’esistenza dell’entità non riduce il carico fiscale complessivo del gruppo – può comunque confutare la presunzione di mancanza di sostanza dimostrando, in concreto, che l’entità ha l’effettivo controllo dell’attività che genera i passive income e ne sopporta i relativi rischi.
In caso di mancato superamento della prova l’entità viene privata della possibilità di beneficiare della direttiva madre-figlia e della direttiva interessi e canoni e non ha diritto al certificato di residenza fiscale per l’accesso alle convenzioni per evitare le doppie imposizioni.
Inoltre, se il soggetto pagatore e i soci della entità riconosciuta come di comodo risiedono in uno Stato membro, lo Stato membro di residenza dei soci deve assoggettare ad imposta i redditi dell’entità “per trasparenza” come se fossero stati prodotti dai soci, deducendo le imposte pagate dall’entità di comodo.
Se invece i soci della entità riconosciuta come di comodo risiedono fuori dalla UE, lo stato membro che eroga il reddito alla entità può applicare la propria ritenuta in uscita, ma nel rispetto dei limiti imposti dalle convenzioni per evitare e doppie imposizioni in vigore con gli stati di residenza dei soci. Si tratta di una precisazione importante perché è frequente che l’Agenzia delle Entrate quando disconosce una holding per mancanza di sostanza rifiuti anche l’applicazione della convenzione per evitare le doppie imposizioni in vigore con lo stato di residenza del socio adducendo che l’applicazione della convenzione in capo al beneficiario finale del reddito non può essere riconosciuta in caso di abuso.
Un ultimo commento riguarda lo scambio di informazioni. La proposta di direttiva prevede che laddove le autorità competenti di uno Stato membro ritengano – anche a seguito di una verifica fiscale – che una determinata società sia di comodo debbano informare automaticamente entro 30 giorni tutti gli altri Stati membri, allegando anche l’atto di accertamento. Ciò comporta, in sostanza, il rischio che l’accertamento da parte dell’autorità fiscale di uno Stato membro di un rapporto che coinvolga una società di comodo possa scatenare anche gli accertamenti da parte delle amministrazioni finanziarie di altri Stati membri che abbiano avuto rapporti con la stessa società di comodo.
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