Le sezioni unite sulla fusione per incorporazione: sopravvivenza o estinzione dell’incorporata?
Le Sezioni Unite Civili della Corte Suprema di Cassazione si sono recentemente pronunciate in merito alla qualificazione giuridica della “fusione societaria” e alla legittimazione processuale di una società incorporata e cancellata dal Registro delle Imprese, individuando i relativi effetti sul piano soggettivo cui il legislatore italiano non ha dedicato una norma specifica.
L’occasione per la pronuncia è stata fornita al Supremo Collegio dalla impugnazione di una sentenza di appello, di conferma della sentenza di primo grado, nella parte in cui aveva ritenuto validamente instaurato il processo da parte di una società incorporata e già cancellata dal registro delle imprese, in applicazione del principio di diritto affermato dall’ordinanza Cass., sez. un., 8 febbraio 2006, n. 2637, che, per effetto delle modifiche apportate dalla riforma del diritto societario, aveva ricostruito la fusione alla stregua di una vicenda modificativo-evolutiva e non (anche) estintiva della società incorporata.
Nel caso oggetto della sentenza in commento, una società a responsabilità limitata fusa per incorporazione in altra S.r.l. e cancellata dal registro delle imprese nel luglio 2004, aveva richiesto nel 2008 l’accertamento della simulazione di due contratti di compravendita. Nel merito, la corte territoriale aveva ritenuto che il procedimento proposto dalla S.r.l. incorporata fosse validamente instaurato sebbene tale società fosse stata cancellata dal registro delle imprese perché: (i) la fusione comporta, a norma dell’art. 2504-bis c.c., una mera vicenda evolutivo-modificativa del medesimo soggetto, che, pur in un diverso assetto organizzativo, conserva la propria identità; e (ii) in ogni caso, l’incorporante era intervenuta in giudizio innanzi al Tribunale nel maggio 2011, ratificando l’operato dell’amministratrice della incorporata, donde l’efficacia sanante degli atti compiuti dal falsus procurator.
A seguito di ricorso per Cassazione, in ragione dell’esistente contrasto giurisprudenziale in merito agli effetti della fusione per incorporazione, la causa è stata assegnata alle Sezioni Unite.
Per affrontare il tema bisogna partire dall’analisi dell’art. 2504-bis c.c. secondo cui la società risultante dalla fusione o quella incorporante assume “i diritti e gli obblighi delle società partecipanti, proseguendo in tutti i loro rapporti, anche processuali, anteriori all’operazione”. L’omissione normativa sulla definitiva estinzione o sulla sopravvivenza della società fusa per incorporazione ha, nel corso degli anni, aperto la strada a due diversi orientamenti giurisprudenziali, i quali possono riassumersi principalmente: (i) nella tesi della natura evolutivo-modificativa con sopravvivenza della società incorporata o fusa e (ii) nella tesi dell’estinzione con effetto devolutivo-successorio.
(i) La prima tesi stabilisce che, nel caso di fusione, la società incorporata non si estingua ma continui ad esistere tramite un nuovo assetto organizzativo, come discendesse da una modifica dell’atto costitutivo. Ne consegue che, in caso di cancellazione della incorporata dal Registro delle Imprese, non si assisterebbe ad interruzione del processo ai sensi dell’art 300 c.p.c. in quanto si tratterebbe di un evento prettamente evolutivo della società, non estintivo né tantomeno successorio.
(ii) La seconda tesi, invece, sostiene che la legittimazione attiva spetti unicamente alla società incorporante, in quanto la fusione determinerebbe l’estinzione della società incorporata con effetto devolutivo – successorio.
La Suprema Corte con la sentenza n. 21970/2021 risolve detto contrasto giurisprudenziale, sposando la seconda delle tesi sopra indicate ed argomentando come la fusione, dando origine ad una vicenda modificativa dell’atto costitutivo per tutte le società che vi partecipano, determina un fenomeno di:
(i) concentrazione giuridica ed economica di tutti i rapporti giuridici, attivi e passivi, di cui era titolare la società incorporata o fusa, i quali dovranno essere imputati ad un diverso soggetto giuridico, cioè la società incorporante o quella risultante dalla fusione,
(ii) riorganizzazione aziendale dei beni, delle persone e dei capitali che vengono diversamente destinati, secondo il programma economico elaborato nel progetto di fusione;
(iii) estinzione della società incorporata che viene cancellata dal Registro delle imprese. Altresì la denominazione sociale, la sede sociale, gli organi amministrativi, il capitale nominale dell’incorporata cessano di esistere. Da ciò deriva che nessuna posizione giuridica soggettiva o qualsivoglia rapporto giuridico residua in capo alla società incorporata: la società incorporata è pertanto coerentemente da considerare estinta;
(iv) successione, ricorrendo una vera e propria dissoluzione o estinzione del soggetto di diritto e non una mera vicenda modificativa. In particolare, la Suprema Corte inquadra la fusione in una successione a titolo universale corrispondente alla successione mortis causa. La successione dell’incorporante nei rapporti giuridici dell’incorporata comporta la legittimazione attiva e passiva dell’incorporante in merito ai rapporti originariamente facenti capo alla società incorporata; mentre la società incorporata perde la propria autonoma legittimazione processuale, sia attiva sia passiva.
Conseguentemente, è stato affermato il seguente principio di diritto: “La fusione per incorporazione estingue la società incorporata, la quale non può dunque iniziare un giudizio in persona del suo ex amministratore, ferma restando la facoltà per la società incorporante di spiegare intervento volontario in corso di causa, ai sensi e per gli effetti dell’art. 105 c.p.c., nel rispetto delle regole che lo disciplinano”.
Laddove, infine, la fusione intervenisse in corso di causa, le Sezioni Unite in esame affermano che non si determinerebbe sic et simpliciter l’interruzione del processo, proseguendo esso naturalmente in capo alla società incorporante, in virtù della specifica menzione ai rapporti processuali contenuta nell’artt. 2504-bis c.c. E ciò in quanto quest’ultima è divenuta titolare sia del rapporto sostanziale sia di quello processuale in luogo della società estinta, in deroga a quanto previsto nell’art. 299 c.p.c..
La rilevanza della sentenza in commento può essere, quindi, ricondotta alla portata innovativa e semplificatoria con cui è stato ricostruito il fenomeno della fusione societaria in veste di successione. D’altra parte, in virtù del fatto che ai sensi dell’art. 2504-bis c.c. tutti i rapporti, sostanziali e processuali, della società incorporata sono proseguiti dall’incorporante, senza che quindi si verifichi l’interruzione del processo ex articoli 299 ss c.p.c., si è istituita la capacità sanante dell’intervento in giudizio della società incorporante in relazione a tutti gli atti compiuti dalla incorporata anche dopo la sua estinzione.
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Responsabilità precontrattuale per ingiustificata interruzione delle trattative e danno risarcibile ed efficacia probatoria dei documenti informatici.
Con una recentissima seppur breve ordinanza pubblicata il 27 ottobre 2021, con il n. 30186, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio di diritto molto importante, già consolidato da tempo, e ne ha ricordato un altro, in materia di prove, altrettanto incontestabile.
Il principio in questione è quello secondo cui, in materia di responsabilità precontrattuale per ingiustificata interruzione delle trattative, il pregiudizio risarcibile è circoscritto nei limiti dello stretto interesse negativo (contrapposto all’interesse all’adempimento), rappresentato dalle spese inutilmente sopportate nel corso delle trattative in vista della conclusione del contratto e dalla perdita di ulteriori occasioni per la stipulazione con altri di un contratto altrettanto o maggiormente vantaggioso.
Per l’effetto, dunque il danno risarcibile in caso di responsabilità precontrattuale non comprende il lucro cessante ritraibile dal contratto non concluso (che, invece, nella fattispecie, era stato riconosciuto dai giudici dell’appello). Si tratta di una decisione in linea con i precedenti della Suprema Corte, almeno per quel che riguarda gli ultimi quindici anni (si vedano ad esempio, Cass. n. 19883/2005, Cass. n. 23289/2006).
Nella stessa ordinanza, la Corte ha poi affermato un principio in materia di efficacia probatoria dei documenti informatici: il messaggio di posta elettronica (cd. e-mail) costituisce un documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti e che, seppure privo di firma, rientra tra le riproduzioni informatiche e le rappresentazioni meccaniche di cui all’art. 2712 c.c. e, pertanto, forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate se colui contro il quale viene prodotto non ne disconosca la conformità ai fatti o alle cose medesime.
Crisi d’impresa: il Decreto Legge n. 118/21 convertito nella Legge n. 147 del 21 ottobre 2021. Quali novità?
È stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la Legge 21 ottobre 2021 n. 147 che ha convertito il d. l. 24 agosto 2021 n. 118 “Misure urgenti in materia di crisi d’impresa e risanamento aziendale, nonché ulteriori misure urgenti in materia di giustizia”, c.d. “Decreto Pagni”.
Esaminiamo brevemente le modifiche apportate in sede di conversione del Decreto Legge.
Presupposto oggettivo per l’attivazione della composizione negoziata della crisi.
In primo luogo, non sono stati recepiti gli emendamenti che sembrava potessero intervenire sull’art. 2, comma 1 (relativamente al presupposto oggettivo per l’istanza della nomina dell’esperto e l’attivazione della composizione negoziata della crisi) nel senso di eliminare ogni riferimento alla “insolvenza” dell’impresa: è rimasto invece invariato il presupposto, rappresentato dalle condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza, nelle quali sia, comunque, possibile il risanamento dell’impresa. Per l’effetto, non è impedito l’accesso all’imprenditore insolvente, ma è fondamentale che sia perseguibile il risanamento attraverso le trattative e cioè che la insolvenza sia reversibile. Ciò significa che se ravvisa la presenza di uno stato di insolvenza, non è preclusa la composizione negoziata, a patto che l’esperto scorga concrete prospettive di risanamento.
Condotta dell’imprenditore nelle trattative.
È stato riscritto l’art. 9 che regola la condotta dell’imprenditore in sede di trattative: mentre l’originaria formulazione della norma, oltre al mantenimento della gestione ordinaria e straordinaria dell’impresa in capo all’imprenditore, stabiliva l’obbligo di quest’ultimo, nell’ipotesi in cui emergesse la probabilità di insolvenza, di gestire l’impresa in modo da evitare pregiudizio alla sostenibilità economico-finanziaria, in sede di conversione è stata inserita una regola distintiva: l’imprenditore in stato di crisi gestisce l’impresa in modo da evitare pregiudizio alla sostenibilità economico-finanziaria dell’attività; se invece è in stato di insolvenza (reversibile) deve gestire l’impresa nel prevalente interesse dei creditori.
Obbligo di nomina degli organi di controllo e adeguamento dello statuto.
In sede di conversione è stato, altresì, inserito l’art. 1-bis, che posticipa di un anno – cioè alla data di approvazione dei bilanci relativi all’esercizio 2022 (e non 2021) – l’obbligo per le s.r.l. e le società cooperative costituite alla data del 16 marzo 2019 di nominare gli organi di controllo o il revisore e, se necessario, di uniformare l’atto costitutivo e lo statuto alle disposizioni dell’art. 2477, commi 2 e 3, cod. civ.. In tema di controlli interni, si ricorda che l’art. 15 del D.L. n. 118/2021 (sull’obbligo dell’organo di controllo di segnalazione per iscritto dei presupposti per la presentazione dell’istanza di nomina di un esperto) ha assunto, in sede di conversione, una formulazione più ampia: è stato infatti eliminato ogni riferimento all’esonero o all’attenuazione della responsabilità dell’organo di controllo in caso di omesso adempimento dell’obbligo di segnalazione.
Piattaforma telematica nazionale.
Per quanto riguarda la piattaforma telematica nazionale disciplinata nell’art. 3 D.L. n. 118/2021, accessibile dal sito internet di ciascuna camera di commercio, a seguito delle modifiche apportate all’art. 3, comma 1, del D.L., essa è gestita dal sistema delle camere di commercio tramite Unioncamere e sotto la vigilanza del Ministero della giustizia e del Ministero dello sviluppo economico. Sulla piattaforma sono disponibili: una lista di controllo particolareggiata che contiene indicazioni operative per la redazione del piano di risanamento; un test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento. In sede di conversione, è stato anche aggiunto alla lista sopra richiamata il protocollo di conduzione della composizione negoziata
Domanda di nomina dell’esperto.
La domanda di nomina dell’esperto, di cui all’art. 5 deve contenere non solo la dichiarazione circa l’eventuale pendenza di istanze di fallimento nei confronti dell’imprenditore istante, ma anche una dichiarazione con la quale quest’ultimo attesti di non avere depositato ricorsi ai sensi degli artt. 161 (anche nel caso di cui al comma 6) e 182-bis (anche nell’ipotesi del comma 6) l.fall. (art. 5, comma 3, lett. d).
L’esperto viene scelto da un apposito elenco (istituito preso la camera di commercio di ciascun capoluogo di regione e delle province di Trento e Bolzano), in cui è iscritta la società, solo se in possesso dei requisiti previsti dall’art. 3, commi 3 e 4, D.L. n. 118/2021. La nuova formulazione dell’art. 3 equipara correttamente le categorie dei dottori commercialisti e degli avvocati attraverso il riferimento, per entrambe, alle “precedenti esperienze nel campo della ristrutturazione aziendale e della crisi d’impresa”, quali accertate da una commissione istituita presso le Camere di commercio dei capoluoghi di Regione e delle Province autonome di Trento e di Bolzano che hanno ricevuto l’istanza e che sono composte da un membro designato dal Presidente della Camera di Commercio, un membro designato dal Prefetto e un magistrato designato dal Presidente della sezione specializzata in materia di impresa del Tribunale del capoluogo di Regione (o Provincia autonoma) nel quale si trova la Camera di Commercio che ha ricevuto l’istanza. a seguito della modifica dell’art. 3 intervenuta in sede di conversione, , i professionisti possono presentare la domanda di iscrizione nell’elenco solo all’ordine professionale di appartenenza, che assume peraltro una funzione di filtro in merito alla completezza della domanda e della documentazione ai fini dell’inserimento nell’elenco.
Quanto ai compiti della commissione, in sede di conversione, è stato inserito il riferimento al fatto che pregresse esperienze formative inerenti alla mediazione possono configurare titolo preferenziale per la nomina ad esperto.
Divieto per l’esperto nominato di assumere nuovi incarichi.
All’art. 4 è stata aggiunta una limitazione avente lo scopo di evitare che l’esperto così nominato possa essere condizionato dalla prospettiva di ulteriori incarichi, una volta completato il procedimento di composizione negoziata. Per i successivi due anni dall’archiviazione della composizione, infatti, l’esperto non può intrattenere rapporti professionali con l’imprenditore. Inoltre, è stata aggiunta la previsione della terzietà dell’esperto rispetto a tutte le parti e previsto che anche i soggetti dotati di specifica competenza e operanti nel settore economico in cui operi l’imprenditore o il revisore legale dei quali si avvalga l’esperto stesso non devono essere legati all’impresa o ad altre parti interessate all’operazione di risanamento da rapporti di natura personale o professionale.
Durata dell’incarico dell’esperto.
Quanto alla tempistica della composizione negoziata, la legge di conversione limita la durata dell’incarico prevedendo che, una volta spirato il termine di centottanta giorni per la ricerca di una soluzione adeguata al superamento delle condizioni di cui all’art. 2, l’incarico possa estendersi, se vi è il consenso di tutte le parti, per un massimo di centottanta giorni aggiuntivi (art. 5, comma 7).
Successione di domande.
Al comma 8-ter dell’art. 5 si prevede che, prima del decorso di un anno dall’archiviazione di una istanza, non possa essere presentata una nuova domanda di nomina di un esperto nel campo del risanamento.
Sospensione dagli obblighi di ricapitalizzazione o scioglimento.
Per quanto riguarda la sospensione, sino alla conclusione delle trattative o all’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata, della disciplina contenuta negli artt. 2446, commi 2 e 3, 2447, 2482 bis, commi 4, 5 e 6, 2482 ter cod. civ. e sullo scioglimento per riduzione o perdita del capitale sociale, in sede di conversione è stata inserita la precisazione per cui la relativa dichiarazione può essere fatta sia con l’istanza di nomina dell’esperto sia successivamente, mediante inserimento nella piattaforma telematica.
Ricorso per la conferma o modifica di misure protettive.
L’art. 7 D.L. n. 118/2021, così come modificato dalla legge di conversione, prevede che il ricorso al tribunale individuato ai sensi dell’art. 9 l.fall. per la conferma o modifica delle misure protettive o la richiesta delle misure cautelari necessarie a condurre a termine le trattative deve essere presentato lo stesso giorno della pubblicazione dell’istanza e dell’accettazione dell’esperto e che, con il ricorso, deve essere depositato non più il nominativo dell’esperto, ma la sua accettazione.
Poteri del giudice e necessaria autorizzazione in caso di cessione d’azienda o di suoi rami.
Relativamente alla autorizzazione giudiziale a cedere l’azienda o suoi rami, in deroga all’art. 2560, comma 2, cod. civ. (sostanzialmente senza la responsabilità del cessionario per i debiti), prevista all’art. 10, comma 1, lett. c) D.L. n. 118/2021, in sede di conversione è stata aggiunta l’espressione molto ampia per la quale il giudice detterà le misure ritenute più opportune, tenuto conto delle istanze delle parti interessate al fine di tutelare gli interessi coinvolti. Sarà interessante vedere come verrà interpretata tale disposizione, che affida al giudice un delicato bilanciamento degli interessi in gioco.
s.rossi@macchi-gangemi.com
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Impianti eolici e fotovoltaici: nel breve (ma non brevissimo) futuro, saranno identificate le aree idonee.
Nei prossimi dodici mesi gli operatori del mercato energetico da fonti rinnovabili dovranno confrontarsi con gli strumenti di pianificazione delle aree idonee per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili.
Tale strumento di pianificazione, previsto dalla Direttiva (UE) 2018/2001, è stato incluso nell’articolo 5 comma 1 della Legge Delega n. 53/2021, dedicato ai principi e criteri direttivi per il recepimento della normativa europea.
Per facilitare l’integrazione e la diffusione degli impianti a fonti rinnovabili, utilizzando lo strumento della pianificazione del territorio, la bozza di decreto legislativo per il recepimento della Direttiva (UE) 2018/2001, prevede l’adozione (articolo 20) di uno o più Decreti Ministeriali che stabiliscano i principi e i criteri omogenei per l’individuazione delle superfici delle aree idonee per lo sviluppo degli impianti.
Prioritariamente dovranno essere stabiliti i criteri per l’individuazione:
– delle aree idonee ad ospitare gli impianti eolici e fotovoltaici;
– di superfici, aree industriali dismesse, aree compromesse, abbondante e marginali idonee all’installazione di impianti a fonti rinnovabili.
L’individuazione specifica delle aree è demandata (dopo l’adozione dei DM) alle Regioni sulla base dei principi e criteri contenuti nei decreti ministeriali e con il supporto di una piattaforma digitale nazionale che conterrà le informazioni sui territori, sugli impianti esistenti e sul potenziale da installare.
La bozza di decreto legislativo prevede:
– che le aree non incluse tra le aree idonee non possano essere considerate inidonee all’installazione;
– una procedura autorizzativa semplificata e accelerata per gli impianti da localizzarsi nelle aree idonee: il parere paesaggistico obbligatorio non vincolante e la riduzione di 1/3 dei tempi della procedura.
Al fine di favorire lo sviluppo delle iniziative nelle aree identificate come idonee, i prossimi decreti ministeriali potrebbero prevedere di:
– differenziare gli strumenti per l’incentivazione delle fonti rinnovabili (es. differenziazione della contingenza di potenza per aree geografiche)
– semplificare ulteriormente le procedure autorizzative per gli impianti da realizzare nelle aree compromesse e similari
I principi e criteri nazionali e le scelte delle Regioni, dovranno tenere in considerazione:
– la perdurante necessità di conciliare la tutela del patrimonio paesaggistico, culturale, agricolo, forestale e ambientale, con l’esigenza di raggiungere gli obiettivi di potenza installata complessiva almeno pari a quella individuata dal Piano Nazionale Integrato Energia e Clima, al fine di perseguire i target di decarbonizzazione
– le caratteristiche e la disponibilità delle risorse rinnovabili, delle infrastrutture di rete e il potenziale sviluppo della stessa, nonché della domanda elettrica e della sua dislocazione.
I tempi necessari per avere un quadro di programmazione a livello nazionale e regionale chiaro saranno probabilmente lunghi (si prevedono almeno 12 mesi); tuttavia, è necessario ricordare che per avere una pianificazione efficace, le aree devono essere individuate in considerazione delle esigenze sopra rappresentate, inclusa la effettiva disponibilità della risorsa rinnovabile, che in alcuni casi, come per la risorsa eolica, è particolarmente laboriosa da individuare.
Lo strumento della pianificazione territoriale, se correttamente implementato, potrà costituire uno strumento utile sia per gli operatori privati che per la politica energetica nazionale e regionale, poiché può contribuire alla semplificazione e trasparenza delle procedure di sviluppo e quindi al raggiungimento dei target di decarbonizzazione.
c.colamonico@macchi-gangemi.com
Il Garante sanziona Sky per oltre tre milioni di euro per telemarketing selvaggio.
Il tema del telemarketing selvaggio torna sulle prime pagine della stampa dopo l’ennesimo provvedimento dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali (“Garante”).
L’Autorità ha emanato una sanzione di oltre tre milioni e duecentomila euro nei confronti di Sky Italia (“Sky” o “Società”) a causa di numerose chiamate promozionali effettuate in violazione della normativa in materia di protezione dei dati, vietando in aggiunta il trattamento ulteriore dei relativi dati a scopo di marketing.
L’attività marketing di Sky era svolta utilizzando liste acquisiste da altre società. Il Garante ha, inoltre, prescritto alla Società l’adozione di specifiche misure di sicurezza ed organizzative per porre rimedio alla situazione di non compliance con la normativa nazionale e comunitaria in materia di protezione dei dati.
La sanzione comminata è arrivata alla conclusione di un’attività ispettiva e istruttoria molto articolata, iniziata a causa di numerose segnalazioni e reclami di soggetti interessati che ricevevano continuamente chiamate indesiderate aventi ad oggetto la promozione dei servizi di Sky, sia ad opera diretta della Società che tramite call center di terze parti.
Il Garante ha rilevato numerose violazioni della normativa, tra cui: 1) la mancanza di un’informativa e dell’espressione di un apposito consenso 2) l’utilizzo di liste di contatti non verificate ed illecite comprate da società terze.
La Società nelle proprie difese, ha sostenuto che il consenso prestato dall’utente alla società che ha creato la lista di contatti fosse sufficiente e costituisse un’adeguata base giuridica per comunicare i dati a terzi con scopi promozionali. Al contrario, il Garante ha precisato che, ai fini della vigente normativa, Sky avrebbe dovuto fornire un’adeguata informativa al cliente, rendendolo edotto della provenienza dei dati. Solo ed unicamente dopo aver ottenuto il consenso dal soggetto avrebbero potuto procedere con l’attività promozionale.
L’Autorità ha inoltre precisato che sarebbe stato onere di Sky verificare le liste acquistate incrociandole con le proprie black list, in modo da non contattare soggetti che avessero espresso la volontà di non ricevere chiamate promozionali aventi ad oggetto i servizi Sky.
Il Garante ha ordinato a Sky, al fine di agevolare l’esercizio dei diritti da parte degli interessati, di indicare tra i contatti deputati alla ricezione di tali richieste anche l’indirizzo Pec indicato nel registro delle imprese, che fino ad oggi la Società non aveva ritenuto un valido punto di contatto per la privacy. Sky dovrà inoltre procedere alla formalizzazione della nomina a responsabile del trattamento per i fornitori che svolgono attività promozionali per suo conto. In questo senso è stato sancito l’onere della Società, in qualità di titolare, di vigilare sull’operato dei fornitori così da verificare la corretta gestione dell’attività promozionale.
Nel determinare il quantum della sanzione, il Garante ha considerato come elemento predominante 1) la gravità delle violazioni riscontrate, che si riferiscono a condotte sistematiche e radicate nelle procedure di Sky, nonché 2) la circostanza che la Società, da molti anni presente sul mercato italiano, avrebbe dovuto impostare le proprie scelte di fondo nel rispetto della normativa sulla protezione dei dati.
f.montanari@macchi-gangemi.com
r.demarco@macchi-gangemi.com
Il graduale superamento dell’IRAP nel contesto della riforma del sistema fiscale: abrogazione o rimodulazione?
Il disegno di legge fiscale approvato lo scorso 5 ottobre delega il governo a emanare uno o più decreti legislativi per attuare un graduale superamento dell’IRAP.
Come noto, l’imposta regionale sulle attività produttive (“IRAP”) trova il suo presupposto impositivo è nell’esercizio abituale di un’attività produttiva nel territorio di una o più Regioni.
Tale imposta è determinata applicando alla base imponibile (c.d. “valore della produzione netta”) l’aliquota che, in via ordinaria, è fissata al 3,9%. Le regole di calcolo del valore della produzione netta sono diverse da quelle applicabili nel contesto delle imposte sui redditi, e divergono secondo la tipologia di soggetto passivo (ad esempio, per società di capitali e gli enti commerciali, la base imponibile IRAP è calcolata come differenza tra il valore e i costi della produzione così come risultano dal Conto Economico seppur con l’esclusione di alcune voci).
In tale scenario, l’articolo 6 del disegno di legge delega per la riforma del sistema fiscale, approvato dal Consiglio dei ministri in data 5 ottobre 2021, prevede (finalmente) il “graduale superamento” dell’IRAP.
La norma del disegno di legge delega non specifica i principi e i criteri direttivi ai quali si dovrebbe attenere il legislatore delegato, ma si limita a precisare che:
a) l’intervento in questione dovrebbe verificarsi nell’ambito della “più ampia” revisione del sistema di imposizione personale sui redditi (come previsto dall’articolo 3 del disegno di legge delega) e della revisione dell’imposta sui redditi delle società (“IRES”) e della tassazione del reddito d’impresa (ai sensi dell’articolo 4 del disegno di legge delega);
b) dovrà essere garantito, in ogni caso, il fabbisogno sanitario (l’IRAP finanzia il fabbisogno delle Regioni nell’ambito del sistema sanitario nazionale).
Sulla base di quanto sopra si evidenziano, quindi, due punti essenziali: (i) il collegamento diretto del “graduale superamento” dell’IRAP con la riforma delle imposte sui redditi, (ii) la garanzia che la riforma in oggetto non modificherà l’attuale sistema di finanziamento del sistema sanitario nazionale.
Al fine di non alterare il livello complessivo di finanziamento della sanità pubblica e considerando le coperture finanziarie previste dall’articolo 10, comma 2 della legge delega, in attesa di chiarimenti ufficiali sul punto, il graduale superamento dell’IRAP potrebbe quindi avvenire – piuttosto che tramite una sua abrogazione – mediante la maggiorazione dell’IRES (attualmente pari al 24%) per il tramite di una richiesta di una quota tributaria aggiuntiva (ad esempio, mediante l’introduzione di una nuova addizionale regionale dell’IRES pari al 5%).
La predetta soluzione, tuttavia, potrebbe produrre un’ulteriore distorsione nel sistema con il rischio che, di fatto, i professionisti e le imprese potrebbero ritrovarsi con una “nuova” aliquota IRES effettivamente ancora più elevata e, quindi, ancor meno competitiva dell’attuale (come detto, pari al 24%).
Una valida alternativa, quindi, potrebbe essere quella di reperire altre coperture abolendo (i) in prima istanza, l’IRAP per i soli professionisti e i piccoli contribuenti (ciò anche alla luce del fatto che la ratio legis della riforma del sistema fiscale nel suo complesso è quella di ridurre il carico fiscale sui piccoli contribuenti), e (ii) in un momento successivo, cancellando il prelievo in questione per tutti gli altri soggetti.
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