PROPOSTA DI CONCORDATO LIQUIDATORIO SEMPLIFICATO: LA VALUTAZIONE SULLA “RITUALITÀ” DELLA DOMANDA.

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Il Tribunale di Monza, ritenuto che non vi fossero i requisiti per il superamento del vaglio di ritualità della proposta di concordato semplificato, ha recentemente respinto una domanda presentata da un’impresa a seguito dell’esito negativo delle trattative nell’ambito della composizione negoziata della crisi.

Con decreto del 17 aprile 2023, il Tribunale di Monza si è pronunciato su una domanda di concordato liquidatorio semplificato presentata da un debitore all’esito di una procedura di composizione negoziata della crisi ai sensi dell’art. 12 e ss. del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (“CCII”) conclusasi negativamente a causa dell’impraticabilità delle soluzioni indicate all’art. 23 commi 1 e 2 lett. b) del CCII.

Il provvedimento è molto interessante perché contiene alcuni utili chiarimenti sull’istituto del concordato semplificato e, in particolare, sull’ampiezza della valutazione di “ritualità” della domanda che il Tribunale è chiamato a svolgere, ai sensi dell’art. 25-sexies comma 3 del CCII, all’inizio del procedimento di (eventuale) omologazione della proposta di concordato. Come noto, infatti, solo all’esito di questo vaglio di ritualità, il Tribunale potrà nominare l’ausiliario ed eventualmente omologare la proposta, allorché – verificata la regolarità del contraddittorio e del procedimento, nonché il rispetto dell’ordine delle cause di prelazione e la fattibilità del piano di liquidazione – risulterà che la proposta non arreca pregiudizio ai creditori rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale e che, comunque, assicura un’utilità a ciascun creditore.

Nel caso sottoposto al Tribunale di Monza, il vaglio del Collegio ha avuto un esito negativo e la proposta di concordato semplificato presentata dal debitore è stata giudicata “irrituale”, per cui non si è nemmeno aperta la fase di omologazione vera e propria della domanda.

Nel corso del tentativo di composizione, l’Esperto aveva coordinato le trattative che erano consistite in una serie di incontri telematici con le varie classi di creditori, alle quali era stata presentata dal debitore una proposta che prevedeva, inter alia, il pagamento integrale di alcuni debiti (tra cui quelli maturati nei confronti degli istituti di previdenza) e la ‘falcidia’, cioè lo stralcio, di altri debiti (tra cui quelli tributari).

Nel corso delle trattative, solo pochi creditori avevano espresso la propria posizione sulla proposta, cosicché l’Esperto nominato aveva concluso dando atto dell’esito negativo delle trattative.

Nella relazione finale di cui all’art. 18, comma 8 del CCII, l’Esperto aveva quindi precisato che era risultata infruttuosa ogni attività volta ad agevolare le trattative tra l’imprenditore e i creditori e concluso affermando che non erano praticabili le ulteriori soluzioni previste dal CCII, ovvero contratti, accordi, convenzioni di moratoria ai sensi dell’art. 62 CCII, accordi di ristrutturazione dei debiti ai sensi degli artt. 57, 60, 61 CCII (ovvero le soluzioni individuate dall’art. 23, commi 1 e 2 lett. b, CCII).

Il debitore, dunque, stante l’esito negativo delle trattative, aveva deciso di depositare una proposta di concordato liquidatorio semplificato ai sensi dell’art. 25 sexies CCII.

Su tale proposta è stato chiamato a pronunciarsi il Tribunale di Monza, il quale ha svolto la valutazione di ritualità della domanda, verificando il rispetto del termine di presentazione della proposta e la competenza a pronunciarsi e poi accertando se l’Esperto, nella relazione finale, avesse effettivamente attestato (e in quali termini) le seguenti circostanze: (i) che le trattative con i creditori si erano concretamente svolte secondo correttezza e buona fede, (ii) che le trattative non avevano avuto esito positivo e (iii) che le soluzioni individuate ai sensi dell’articolo 23, commi 1 e 2 lett. b) non erano risultate effettivamente praticabili.

Per quanto riguarda l’ampiezza di tali valutazioni di ritualità, il Tribunale di Monza, pur non considerandolo un vaglio di vera e propria ammissibilità della domanda, ha affermato di non ritenere puramente formale questo primo giudizio. Secondo il Tribunale di Monza, il vaglio non deve limitarsi a verificare che l’Esperto “abbia formalmente attestato la sussistenza dei presupposti richiesti dal primo comma dell’art. 25-sexies” ma deve essere volto a verificare l’attendibilità e la ragionevolezza delle attestazioni dell’Esperto, con la conseguenza che nel caso in cui queste ultime risultino del tutto prive di motivazione, ovvero siano corredate da motivazioni che non trovino riscontro nella documentazione agli atti, la proposta deve considerarsi “irrituale”.

Una prima attestazione dell’Esperto da analizzare atteneva al fatto che lo svolgimento delle trattative fosse effettivamente avvenuto secondo buona fede e correttezza. Nel caso di specie, la relazione finale dell’Esperto valorizzava unicamente la correttezza tenuta dai creditori, non soffermandosi, al contrario, in alcun modo sulla buona fede e correttezza del debitore nel corso delle trattative all’interno della composizione negoziata. Il Tribunale in ciò ha ravvisato un contrasto con la ratio di cui all’art. 25 sexies CCII, che deve essere interpretato nel senso che l’attestazione dell’Esperto debba concentrarsi prioritariamente sul comportamento tenuto dal debitore più che su quello dei creditori, posto che “l’accesso al concordato semplificato deve essere consentito all’imprenditore proprio nelle ipotesi in cui l’esito negativo della composizione negoziata della crisi sia imputabile ad un comportamento irragionevolmente ostruzionistico dei creditori”. La relazione dell’Esperto è stata giudicata quindi carente sotto questo primo profilo.

L’altro aspetto su cui l’attestazione finale dell’Esperto avrebbe dovuto concentrarsi riguarda la non praticabilità delle soluzioni individuate dall’art. 23, commi 1 e 2, lett. b) CCII.

Sotto questo secondo profilo, per poter considerare idonea l’attestazione finale (negativa) dell’Esperto e quindi giudicare la domanda di concordato semplificato ‘rituale’, il Tribunale di Monza ha precisato di ritenere necessario che (i) l’imprenditore si sia effettivamente attivato per il perseguimento di tali strumenti e obiettivi, ravvisando nel concordato semplificato l’extrema ratio alla quale ricorrere solo laddove non sia stato possibile accedere agli altri strumenti di regolazione della crisi per ragioni imputabili solo all’imprenditore e che (ii) l’imprenditore abbia presentato una proposta che non risultasse già impraticabile al momento in cui era stata avviata la composizione negoziata e che successivamente, per cause non imputabili al debitore, tra cui in primis l’atteggiamento ostruzionistico dei creditori, non sia risultata più percorribile nonostante l’imprenditore si sia attivato in tal senso.

Ebbene, nella fattispecie, il Tribunale ha giudicato non sussistenti le condizioni sopra indicate. L’Esperto si era limitato a dare atto, in modo apodittico, dell’impraticabilità delle soluzioni alternative senza precisare le effettive ragioni della impraticabilità. Secondo il Tribunale, inoltre, si sarebbe dovuto rilevare come sin dall’inizio della procedura di composizione negoziata non fossero percorribili le altre soluzioni dell’art. 23 del CCII. Quanto a quest’ultimo aspetto, particolare importanza è stata attribuita al trattamento dei debiti tributari: la società ricorrente, pur avendo proposto una falcidia delle obbligazioni tributarie, non aveva fatto ricorso allo strumento dell’accordo di ristrutturazione dei debiti (strumento che avrebbe effettivamente consentito lo stralcio nell’ambito della composizione negoziata) nonostante la stessa Agenzia delle Entrate avesse sollecitato di percorrere tale strada (strada che peraltro avrebbe portato ad un sacrificio, per il creditore, inferiore rispetto a quello previsto nella proposta presentata dal ricorrente).

Il Tribunale ha, in conclusione, giudicato “non compiuta” l’attestazione dell’Esperto in ordine all’effettivo svolgimento delle trattative secondo correttezza e buona fede, ha ritenuto non dimostrata l’impraticabilità delle soluzioni di cui all’art. 23 commi 1 e 2 lett. b) CCII e ha considerato lacunosa la proposta di omologazione, quanto ai presupposti di accesso alla procedura: ciò lo ha portato a concludere per la dichiarazione di irritualità della proposta di concordato liquidatorio semplificato.

g.bonfante@macchi-gangemi.com