Con la sentenza n. 2629 del 29.01.2024, la Corte di Cassazione si è pronunciata per la prima volta sulla legittimità della clausola statutaria che prevede il recesso ad nutum del socio dalle Società per Azioni a tempo determinato, le cui azioni non siano quotate in un mercato regolamentato.
La sentenza, dopo avere riassunto le principali fattispecie di recesso dalle società per azioni contemplate dall’art. 2437 c.c., si concentra sull’interpretazione del quarto comma dell’articolo in esame, secondo il quale “Lo statuto delle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio può prevedere ulteriori cause di recesso”.
Nella fattispecie sottoposta all’attenzione della Suprema Corte, infatti, lo statuto della società, costituita a tempo determinato, prevedeva il diritto dei soci di recedere con un preavviso di almeno 180 giorni, nonostante l’art. 2437, comma 3, c.c., preveda tale possibilità soltanto per le società a tempo indeterminato.
Al riguardo, la Corte rileva, innanzitutto, che la norma in esame non richiede che le ulteriori cause di recesso siano indicate in modo specifico, né che debbano essere necessariamente finalizzate a tutelare il socio che sia in dissenso rispetto a specifiche decisioni dei soci di maggioranza. Infatti, secondo la Corte, la logica della complessiva disciplina in tema di recesso dalle società per azioni tutela la scelta del socio di disinvestire dall’impresa economica, allorquando egli reputi non più conveniente tale partecipazione.
Secondo la Corte, le critiche che sono state mosse ad una tale interpretazione, basate sul rischio di c.d. depatrimonializzazione della società, non colgono nel segno.
Infatti, la Corte, rileva, da un lato, che, secondo l’attuale sistema normativo, la tutela del capitale sociale non ha un valore decisivo rispetto al tema in esame; dall’altro lato, che il procedimento per la liquidazione della partecipazione del socio recedente prevede che si proceda alla riduzione del capitale sociale solo qualora non sia possibile collocare le azioni presso gli altri soci, presso i terzi ovvero mediante l’acquisto di azioni proprie con le risorse disponibili.
In ogni caso, la Corte evidenzia come sia sempre possibile controllare che il recesso venga esercitato secondo la clausola generale di buona fede, ovverosia che non sia esercitato con la sola finalità di danneggiare la società.
In conclusione, secondo la sentenza in esame la clausola statutaria che consente al socio di recedere a proprio piacere è legittima, anche per le società a tempo determinato che non fanno ricorso al capitale di rischio, fermo il rispetto della clausola generale di buona fede e di un congruo preavviso.
DISCLAIMER: Questo articolo fornisce solo informazioni generali e non costituisce consulenza legale di alcun tipo da parte di Macchi di Cellere Gangemi che non si assume alcuna responsabilità per il contenuto e la correttezza della newsletter. L’autore dell’articolo o il vostro contatto in studio sono a Vostra disposizione per qualsiasi ulteriore chiarimento.