Impatriati in smart working con datore di lavoro estero: fruiscono dei benefici fiscali del regime speciale degli impatriati? La risposta dell’AdE.
Introduzione
Negli ultimi anni il governo italiano ha introdotto diverse misure finalizzate ad attrarre in Italia talenti internazionali e persone capaci, nell’ottica di un rafforzamento della visione dell’Italia quale luogo ideale dove vivere bene e svolgere la propria attività economica. Tra queste misure figura il cosiddetto “Regime degli Impatriati” che prevede l’esenzione fiscale del 70% sul reddito di lavoro dipendente o autonomo percepito dopo il trasferimento in Italia. Tale esenzione è aumentata al 90% per chi trasferisce la residenza nel Mezzogiorno.
Lavoratori dipendenti o autonomi che lavorano in modalità smart working per datori di lavoro o clienti con sede all’estero
Il 16 settembre 2021 l’Agenzia delle Entrate ha pubblicato la risposta alla istanza di interpello n. 596 con in cui ha affermato l’ammissibilità al Regime degli Impatriati anche per i lavoratori dipendenti o autonomi che lavorano in modalità smart working per datori di lavoro o clienti con sede all’estero.
L’interpello riguardava un cittadino italiano residente all’estero da più di 2 anni che voleva rientrare in Italia e ivi lavorare per il suo datore di lavoro estero per almeno 2 anni.
Nella risposta l’Agenzia delle Entrate ha confermato che le persone che si trasferiscono in Italia accedono al Regime degli Impatriati se: (a) non sono state fiscalmente residenti in Italia nei 2 anni d’imposta precedenti il trasferimento in Italia; (b) si impegnano a risiedere in Italia per almeno 2 anni dopo il trasferimento; (c) svolgono attività lavorativa prevalentemente in Italia. Lo stesso regime è disponibile anche per i cittadini di uno Stato dell’UE o extra UE con i quali è in vigore una Convenzione contro le doppie imposizioni o un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale e che: (a) sono in possesso di un titolo di laurea e abbiano svolto continuativamente negli ultimi 24 mesi un’attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori dall’Italia, ovvero (b) un’attività di studio all’estero negli ultimi 24 mesi conseguendo un titolo di laurea o una specializzazione post-laurea.
L’Agenzia delle Entrate ha poi confermato che l’agevolazione è fruibile per un periodo di almeno 5 anni ed è prorogabile per ulteriori 5 anni se i soggetti aventi diritto acquistano un immobile residenziale in Italia nell’anno precedente il trasloco o successivamente o hanno almeno uno figlio minorenne o a carico. Durante il periodo esteso di 5 anni, la soglia di esenzione fiscale è ridotta al 50% o aumentata al 90% se l’avente diritto ha almeno 3 figli minori o a carico.
In relazione alle attività lavorative svolte prevalentemente in Italia per datori di lavoro o clienti con sede all’estero, l’Agenzia delle Entrate ha fatto riferimento alle proprie recenti indicazioni chiarendo che non è necessario che questi abbiano una presenza italiana.
Pertanto, con riferimento alla specifica fattispecie, l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto che il soggetto richiedente l’interpello potesse beneficiare dell’agevolazione, subordinatamente al verificarsi di tutte le condizioni rilevanti del Regime degli Impatriati.
Rischio di stabile organizzazione
È importante collegare questa risposta ad altre recenti prese di posizione dell’Agenzia delle Entrate relative a ipotesi di smart working in cui sono stati evidenziati i rischi di una stabile organizzazione personale in Italia del datore di lavoro non residente ai sensi delle norme nazionali o pattizie. Per questo motivo è necessaria un’attenta pianificazione congiunta da parte del lavoratore e del datore di lavoro estero e un’attenzione particolare deve essere riservata anche alla normativa italiana in materia di lavoro e previdenza.
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