L’esecuzione forzata, ovverosia la possibilità di recuperare in via esecutiva nei confronti del debitore il denaro dovuto, rappresenta un aspetto essenziale ai fini della tutela in concreto del creditore. Molto spesso, tuttavia, la ricostruzione del patrimonio del debitore ai fini della ricerca dei beni da pignorare non è agevole, soprattutto con riferimento ai suoi conti correnti e ai suoi crediti verso i terzi.
Già da tempo il legislatore aveva previsto un articolato procedimento in base al quale il creditore, munito di titolo esecutivo, poteva ottenere un’ampia informativa sui beni del debitore (art. 492-bis c.p.c.): il creditore, dieci giorni dopo aver notificato l’atto di precetto, poteva presentare una specifica istanza al Presidente del Tribunale competente il quale, verificata la regolarità degli atti, emanava un’autorizzazione con la quale, a sua volta, il creditore poteva rivolgere un’ulteriore istanza agli uffici dell’Agenzia delle Entrate per avere le informazioni più accurate e complete possibili sul patrimonio del proprio debitore (essenzialmente: l’indicazione dei conti correnti a lui intestati).
Tale procedura, tuttavia, era abbastanza lunga (la durata variava a seconda del Tribunale e dell’ufficio dell’Agenzia delle Entrate). La conseguenza era che, prima di ottenere le informazioni richieste, potevano trascorrere più di 90 giorni, ossia più del termine di validità dell’atto di precetto. E ciò comportava che il creditore – prima di poter avviare l’esecuzione forzata – dovesse notificare un nuovo atto di precetto, con ulteriore dispendio di tempo e di attività.
Al fine di semplificare e velocizzare tale procedura, il legislatore – nell’ambito della c.d. Riforma Cartabia – ha modificato l’art. 492-bis c.p.c. introducendo tre sostanziali modifiche.
(i) Innanzi tutto, non è più necessario richiedere un’autorizzazione al Presidente del Tribunale: è sufficiente rivolgere un’istanza all’Ufficiale Giudiziario presso il Tribunale competente.
(ii) È poi lo stesso Ufficiale Giudiziario che, verificata la regolarità degli atti, effettua direttamente le ricerche presso le banche dati dell’Amministrazione finanziaria e fornisce quindi le relative informazioni al creditore.
(iii) Per tutta la durata di tali ricerche, infine, ovverosia nel lasso di tempo che intercorre tra la presentazione dell’istanza all’Ufficiale Giudiziario e la sua risposta con le informazioni richieste, il decorso del termine di 90 giorni per la validità dell’atto di precetto rimane sospeso.
Nei primi mesi di applicazione di tale nuova procedura, tuttavia, gli Ufficiali Giudiziari non sono stati messi in grado di effettuare le necessarie ricerche presso gli Uffici dell’Agenzia delle Entrate. Conseguentemente rispondevano alle istanze dei creditori spiegando di non poter procedere, lasciando che fossero sempre i creditori a richiedere le informazioni all’Agenzia delle Entrate.
Ebbene, in data 24 giugno 2023 il Ministero della Giustizia e l’Agenzia delle Entrate hanno comunicato di aver stipulato una convenzione per consentire agli Ufficiali Giudiziari di effettuare direttamente le ricerche dei beni da pignorare e di trasmettere le informazioni ottenute ai creditori.
L’accordo prevede specifiche modalità informatiche per lo scambio di dati, che assicurano la tracciabilità degli accessi ed il pieno rispetto della normativa in materia di dati personali ed ha avuto l’approvazione del Garante per la Privacy.
Sembra, dunque, che le previsioni introdotte dalla Riforma Cartabia siano finalmente prossime ad una loro piena e concreta applicazione.
Il creditore dovrà soltanto avere l’accortezza di specificare, nel successivo atto di pignoramento, la data in cui ha presentato l’istanza all’Ufficiale Giudiziario e quella in cui ha ottenuto le informazioni richieste: in tal modo sarà evidente al debitore e ai terzi pignorati che il termine di validità – in quel lasso di tempo – è rimasto sospeso e, pertanto, l’atto di precetto nelle more non ha perso la propria efficacia (art. 492, comma 8, c.p.c.).
Sulla base delle informazioni ottenute, il creditore potrà così molto più agevolmente aggredire i beni del patrimonio del proprio debitore, avviando la procedura esecutiva a tutela del proprio credito.
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